Preventivo consolidamento debiti – Come confrontare la rata?

Consolidamento debiti: a cosa servono i preventivi?

Il settore dei finanziamenti modula la propria offerta in funzione della domanda. Per questo motivo in momenti di sovraindebitamento diffuso si ha una forte spinta verso prodotti come il mutuo o prestito di consolidamento debiti, come dimostrano le offerte proposte da banche online come Findomestic, finanziarie come Agos e Directafin. oppure banche di grandi gruppi come Unicredit. Ma di che cosa parliamo?

Si tratta di una forma particolare di prestito personale, poiché nella sostanza è finalizzato alla sostituzione e riordino dei prestiti già in essere di qualsiasi natura. In un preventivo di consolidamento debiti potranno essere inseriti sia i finanziamenti finalizzati che quelli personalizzati. Ovviamente è buona norma procedere per gradi, partendo dalla richiesta di un preventivo. A riguardo ci sono delle differenze, sia sul livello di “affidabilità” e validità del preventivo, che sulla valutazione della convenienza a sostituire un prestito per il quale sono passati diversi anni arrivando ad un rimborso degli interessi in stato avanzato.

Quando i preventivi sono affidabili?

Si possono avere due possibilità di richiesta di un preventivo di consolidamento debiti. Una ha carattere più generale e quindi è puramente indicativa e non ha le caratteristiche del preventivo vero e proprio. Si tratta più che altro di un primo contatto conoscitivo, che necessita poi del passaggio successivo con richiesta di preventivo ufficiale. Poi c’è il preventivo vero e proprio, che andrà analizzato nei dettagli e soprattutto confrontato con i preventivi ottenuti da altre banche.

In entrambi i casi è possibile eseguire una valutazione sulla convenienza con l’uso di appositi tool indipendenti. Sul web non c’è una scelta ampia come accade per la valutazione dei mutui, ma si tratta di strumenti molto utili, che andrebbero senz’altro utilizzati prima di concludere la propria scelta. Qui però bisogna fare attenzione, quello che si ottiene non è un preventivo, perché quest’ultimo deve avere delle caratteristiche ben specifiche, e cioè:

  • la data di calcolo ed eventualmente quella di validità;
  • la firma di chi fa il preventivo (quest’aspetto non vale per i preventivi online che prevedono il salvataggio in area clienti o invio di copia tramite e-mail che ne determina il riconoscimento univoco, con apposizione di un numero unico di riconoscimento);
  • le voci obbligatorie che sono: Tan e Taeg; ammontare dei prestiti comprensivi di penale di estinzione che il consolidamento va a “consolidare”; totale del capitale che viene richiesto (importi da consolidare e eventuale aggiunta di nuova liquidità); ammontare totale degli interessi che si dovranno sostenere fino alla fine del rimborso; importo della rata mensile; eventuali spese di incasso rid o incasso rata; spese di gestione, istruttoria, e penale di estinzione; numero di mesi della durata del piano di ammortamento.

Un’informazione che non può essere trovata invece sul preventivo è quella legata al calcolo del “risparmio” che si ottiene se si procede ad un consolidamento debiti. Questo tipo di nozione è di contro molto utile, perché un consolidamento debiti deve in primis rendere più agevole il rimborso delle rate. Tale obiettivo si ottiene congiuntamente con l’abbassamento dell’importo della rata, che dovrà essere inferiore rispetto alla somma delle rate consolidate, ed un tasso ridotto.

L’obiettivo di una maggiore sostenibilità della rata può essere ottenuto anche con l’allungamento del piano di ammortamento, che nel caso del consolidamento, arriva fino a 120 rate. Si tratta di una prassi assolutamente da evitare perché non è mai conveniente dal punto di vista economico, visto che nel prestito come nel mutuo, il piano di ammortamento che si adotta è alla francese.

Requisiti necessari per richiedere i preventivi

La richiesta di un preventivo generico non richiede alcun requisito particolare: nel sistema si dovrà inserire solo l’importo “presunto” dei prestiti da sostituire, per vedere se si rientra nella somma massima concedibile dalla finanziaria o dalla banca di interesse, e la durata in cui si vorrebbe restituire il finanziamento.

Per ottenere un preventivo personale dettagliato invece servono le somme esatte dei prestiti da rimborsare. Queste informazioni possono essere ottenute partendo dalla lettera di riepilogo annuale, dalla quale andranno stornate le rate eventualmente già pagate. Bisogna poi inserire i dati personali, quelli di un documento e la situazione reddituale. E’ fondamentale inoltre partire dal fatto che il consolidamento debiti può essere richiesto solo da coloro che hanno fatto i pagamenti in modo regolare. Quindi se si è diventati dei cattivi pagatori, allora la richiesta di un preventivo di consolidamento debiti è un esercizio inutile perché tale tipologia di finanziamento non viene concessa in caso di disguidi finanziari.

In questo caso l’unica alternativa reale è rappresentata dalla cessione del quinto che però incontra due limitazioni ulteriori:

  • è rivolta ai lavoratori autonomi, in quanto la cessione spetta esclusivamente ai dipendenti (vedi anche Cessione del quinto dipendenti privati), e ai pensionati;
  • riguarda il tipo di contratto di dipendenza di cui si è titolari dal momento che raramente viene concessa per lunghe durate a chi ha un contratto a tempo determinato.

Come valutarne quindi la convenienza?

Come già accennato, un preventivo non può entrare nel merito dell’aspetto strettamente legato alla convenienza economica. Inoltre di fronte a vari finanziamenti il rischio che ci sia un bilanciamento interno delle condizioni è molto concreto. Infatti prestiti di durata ancora lunga, per i quali il risparmio può essere sostenuto, possono avere un livello di convenienza così elevato, da compensare quello molto meno presente nei prestiti prossimi alla scadenza.

Come principio generale vale il fatto che i prestiti prossimi alla scadenza non andrebbero consolidati, perché si finirebbe con il pagare un totale di interessi molto elevato, dopo aver rimborsato quasi tutti quelli originari sul prestito precedente. Come detto questo tipo di valutazione può essere fatta anche in modo più oggettivo usando i tool specifici che devono presentare almeno queste caratteristiche:

  • avere almeno due spazi per la valutazione dei prestiti da consolidare: la motivazione è dovuta proprio al fatto che ciò che rende differente un consolidamento da una sostituzione del prestito, è l’operazione di accorpamento di due o più finanziamenti in corso;
  • avere la possibilità di indicare la durata del prestito originario e quella dell’ammortamento residuo (ad esempio se il finanziamento era di 48 rate e sono state pagate 15 rate ci dovrà essere almeno lo spazio per indicare che mancano 33 rate ancora);
  • tasso e durata del prestito di consolidamento che sembra l’opzione migliore.

Nella risposta il calcolo del risparmio dovrà riguardare sia l’importo della rata e che gli interessi che verranno pagati in meno.

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Prescrizione debiti – Quando non bisogna più pagare?

Debiti non pagati: quando vanno in prescrizione?

La prescrizione dei debiti prevede dei tempi diversi a seconda che siano previdenziali, come nel caso dell’Inps, erariali, oppure condominiali, commerciali, di credito o di valuta. Anche all’interno di queste categorie possono poi essere previsti dei tempi di prescrizione differenti, che possono generalmente essere di tipo:

  • ordinario, ovvero di 10 anni;
  • di prescrizione breve, quindi di 5 anni;
  • di prescrizione brevissima (3 anni).

Ci sono infine delle eccezioni che usufruiscono di durate inferiori. Vediamo tutto nel particolare.

Significato e conseguenze

La prescrizione è stata introdotta dal legislatore per impedire che un debitore sia sempre sottoposto a questa condizione, senza un limite di tempo. Si tratta in pratica di una “sanzione” che punisce il creditore per la sua inerzia. Se da una parte è vero che un debitore ha l’obbligo di pagare i propri debiti, soprattutto in caso di difficoltà o impossibilità a farlo, è altrettanto vero che il creditore deve attivarsi per ottenerne il pagamento. Se manca questa azione allora il debito potrà andare incontro alla prescrizione. La prescrizione è misurata con il tempo, decorso il quale non si avrà più diritto alla prestazione.

Questa ‘condizione legislativa’ coinvolge, come principio generale tutti i tipi di debiti, indicando anche quali sono i soggetti legittimati a compiere le azioni necessarie per ottenere la prestazione nei tempi giusti:

  • nel caso dei debiti condominiali l’amministratore in carica;
  • per quelli commerciali il fornitore o venditore;
  • per quelli di credito la banca o la finanziaria erogante;
  • per quelli previdenziali l’Inps o un agente abilitato alla riscossione che fino alla sua scomparsa è stato rappresentato soprattutto da Equitalia.

Approfondimenti: Cosa fare in caso di debiti con Equitalia.

La conseguenza, se scade il termine di prescrizione è semplicemente una: il creditore non potrà più avvalersi della legge per ottenere la prestazione alla quale ha diritto. Di contro il debitore dovrà rivolgersi ad un giudice per ottenere il riconoscimento della prescrizione, che potrà essere parziale (quindi riguardare solo alcune voci riportate in una cartella esattoriale) oppure totale. Una cartella prescritta parzialmente, se si fa ricorso ad un giudice, potrà anche diventare successivamente prescritta in modo totale.

Prescrizione interrotta: quando succede?

Il creditore ha comunque un valido strumento per interrompere la prescrizione, che è dato dalla comunicazione al debitore, che deve avvenire nei modi previsti dalla legge stessa. Si hanno in sostanza tre situazioni:

  • il termine di prescrizione parte dalla data in cui sorge il diritto alla prestazione per il creditore (data di firma di un finanziamento, data di pagamento di un’imposta dovuto, data di versamento dei contributi Inps, ecc). Per il tempo successivo il creditore non fa nessuna comunicazione valida al debitore. Trascorso il tempo prescrittivo non si sarà più tenuti alla prestazione;
  • successivamente alla data in cui nasce l’obbligo, e prima che scada la prescrizione, il creditore fa la comunicazione nei modi previsti. La prescrizione si interrompe e riparte da capo;
  • sempre successivamente alla data in cui sorge l’obbligo, e successivamente anche dalla data in cui scade la prescrizione il creditore agisce per ottenere il pagamento. In questo caso non si è tenuti alla prestazione, a meno che non si accettino le proposte del creditore. Ad esempio se si firma una nuova rateizzazione si dovrà effettuare il pagamento del debito anche nel caso in cui questo fosse ormai prescritto.

Si deve fare sempre molta attenzione alle date di prescrizione, e nel dubbio ci si deve rivolgere a professionisti, poiché il risparmio di qualche decina di euro espone all’esborso di somme ben più importanti. Può comunque essere di aiuto conoscere i tempi di prescrizione dei debiti, per sapere come muoversi, e soprattutto a chi rivolgersi (professionista ragioniere o commercialista, associazione dei consumatori, avvocato tributarista, ecc).

Come calcolare la prescrizione

Il calcolo è abbastanza agevole sulla carta. Il tempo parte dal giorno successivo a quello in cui è nato l’obbligo alla prestazione, e termina dopo che è trascorso il termine previsto. Questo nella maggioranza dei casi è di 10 anni (anche per i finanziamenti), oppure di 5 anni o tempi più brevi quando previsti. Nel calcolo si comprendono anche i giorni festivi, i sabati e le festività. Se si verifica un’interruzione bisogna far partire il calcolo dal giorno successivo a questo evento.

Tempi di durata delle prescrizioni

Riportiamo di seguito i tempi di prescrizione per i differenti debiti che possono essere riportati in una cartella esattoriale:

  • termine di prescrizione ordinaria di 10 anni per quelli che rientrano nei tributi erariali (Irpef, Ires, Imposta di registro, imposta catastale, Iva, per i quali la prescrizione decorre dopo 60 giorni dalla notifica; diritti alla Camera di commercio; Canone Rai;
  • termine di prescrizione breve di 5 anni: per le sanzioni (multa per violazione del codice della strada, protesto, ecc.); per i tributi locali (come Tasi, Tari, Imu, Tarsu, ecc); contributi previdenziali Inps e Inail; contributi alla gestione separata; bollette per utenze domestiche; spese condominiali; oneri derivanti da affitto; crediti commerciali;
  • termine di prescrizione di 3 anni: bollo auto (vedi anche Prescrizione bollo auto); diritto allo stipendio; diritto al Tfr; riscossione cambiali; riscossione assegni;
  • termine di prescrizione di 2 anni: risarcimento incidente stradale;
  • termine di prescrizione di 1 anno: diritto per il pagamento alla provvigione dei mediatori (vedi Lista mediatori creditizi); rette di convitto; diritto pagamento lezioni private;
  • termine di prescrizione di 6 mesi: diritto al pagamento del pernotto e servizi di ristorazione.

Modalità di comunicazione e di ricorso

L’unica forma accettata è quella scritta, per la quale ci deve essere la possibilità di identificazione della data in modo certo. Per questa ragione vanno usate le raccomandate con ricevuta di ritorno, fermo restando che per la notifica valgono anche gli avvisi di giacenza. A riguardo bisogna porre particolare attenzione agli atti amministrativi, per i quali la notifica si perfeziona comunque, senza che sia stato fatto il ritiro, entro 10 giorni da quello in cui è stato fatto il secondo avviso di giacenza (il primo è quello per mancata consegna, al quale dovrà succedere il secondo lasciato nella cassetta delle poste il giorno successivo utile a seconda che ci siano giorni festivi o il sabato).

Per fare ricorso serve sempre la raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure l’impiego della Pec laddove è supportata dal sistema.

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Dilazione di pagamento – Significato e funzionamento

Dilazione di pagamento o finanziamento: quale conviene di più?

Gli acquisti possono essere fatti pagando il prezzo per intero oppure rateizzandone il costo. Quando questo tipo di operazione di posticipo del pagamento ad un’altra scadenza oppure con suddivisione in più rate, viene fatta senza passare per la richiesta di un finanziamento, si sta usufruendo di una dilazione di pagamento.

Cos’è e come funziona?

Il termine dilazione ha più di un sinonimo, ed ognuno di essi rimanda al posticipo o rinvio di un’azione, che normalmente è di “pagamento”. Da qui è semplice comprenderne il significato e la ragione per cui si tratta di un’operazione ampiamente usata durante lo svolgimento dell’attività di impresa, oltre che per saldare i debiti con Equitalia od in economia aziendale.

Per quanto riguarda il suo funzionamento possono nascere dei dubbi, perché diventa semplice farlo coincidere con un’operazione di finanziamento in senso stretto. Per fare un esempio, quando chiediamo la rateizzazione delle cartelle Equitalia non stiamo accedendo ad un finanziamento ma ad una dilazione di pagamento. Quest’ultima situazione avviene anche quando un’azienda o un commerciante per pagare il costo della merce non procede al pagamento immediato, ma posticipato, ovvero dilazionato, a 30, 60 o 90 giorni. Non a caso nell’attività di impresa la dilazione di pagamento è una forma di “finanziamento da funzionamento”, in quanto svolge una funzione fisiologica per il normale svolgimento dell’attività.

Per il tipo di funzionamento che presentano all’interno della categoria delle dilazioni di pagamento rientrano anche i finanziamenti. Di contro ci possono essere situazioni in cui, nonostante le similitudini, la dilazione non è un finanziamento vero e proprio.

Normalmente la dilazione deve offrire un servizio funzionale all’adempimento di un obbligo, oppure all’ottenimento di un bene. Tornando sempre ad uno degli esempi purtroppo più attuali, ovvero la rateizzazione delle cartelle di Equitalia, per poter suddividere il costo di una cartella in più rate bisogna farne richiesta ed avere alcuni requisiti che non hanno una stretta attinenza alla capacità di rimborso del richiedente.

Ciò che differenzia un finanziamento da una dilazione di pagamento è proprio questo aspetto. Le valutazioni che vengono fatte per la concessione dell’uno o dell’altro partono infatti da presupposti completamente diversi.

Con o senza interessi: differenze e vantaggi

A fare la differenza non quindi è l’applicazione o meno degli interessi passivi (ad esempio nella dilazione di pagamento di Equitalia o con l’Agenzia delle Entrate si sostengono degli interessi) dal momento che ci sono degli esempi di dilazione che sono a tasso zero ( fare da protagonista indiscusso in questo ambito troviamo Pagodil).

Normalmente per ottenere il beneficio del frazionamento del pagamento bisogna sostenere un “costo” che è rappresentato da interessi i commissioni mediamente più bassi rispetto a quelli tipici di un finanziamento, a meno che questi non sia appunto a tasso zero. Ma anche da questo punto di vista, nel caso di dilazione senza interessi, i vantaggi sono maggiori.

Questo accade perché un finanziamento a tasso zero ha carattere temporaneo ed è legato a una serie di vincoli e cioè:

  • alla promozione del momento;
  • ai prodotti che sono accessibili e/o acquistabili;
  • all’approvazione della richiesta in funzione di una certa capacità reddituale;
  • alla presenza o meno di altri finanziamenti in corso che possono bloccare l’approvazione;
  • alla reputazione creditizia del richiedente.

Nella dilazione di un pagamento tutti questi elementi non hanno importanza. Per comprenderne meglio il funzionamento facciamo un esempio usando proprio il succitato Pagodil. Questo è il sistema di più facile accesso che troviamo per acquistare prodotti o servizi a rate e senza alcun interesse o costo aggiuntivo.

Caratteristiche e condizioni di Pagodil

Pagodil è un servizio che viene offerto da una società finanziaria, la Cofidis. Ma come funziona? Abbiamo detto che una dilazione costituisce un beneficio al quale deve essere collegato un “costo” da sostenere. Con Pagodil il costo viene sostenuto dal venditore mentre l’acquirente si porterà a casa il prodotto potendolo pagare in comode rate senza l’aggiunta di alcun costo o interesse. Se ad esempio si tratta di un televisore dal costo di 1000 euro, si pagheranno ad esempio esattamente 100 euro a rata per 10 mesi.

Anche per quanto riguarda la modalità di richiesta, dal momento che non si tratta di un finanziamento in senso stretto, la procedura è abbastanza atipica. Per prima cosa non si deve esibire alcun documento di reddito (il che rende Pagodil utilizzabile non solo a chi è senza busta paga ma anche a chi non ha proprio un reddito dimostrabile), ma solo documento di identità e tessera sanitaria. Bisogna comunicare un numero di telefono e fornire un bancomat o un assegno non compilato né firmato.

Dai dati riportati su questi sistemi di pagamento, tramite l’impiego del Pos (con il bancomat la procedura è semplificata ma a condizione che si abbia un bancomat che funziona nel sistema, il che esclude quelli collegati a conti di base) Cofidis fa una brevissima valutazione della possibilità di far partire la procedura di Pagodil, che in caso di esito positivo vedrà:

  • rilascio dello scontrino del pos da firmare per accettazione;
  • avvio automatico del pagamento delle rid mensili direttamente sul conto corrente al quale sono collegati il bancomat o gli assegni utilizzati.

Prima di procedere al pagamento bisogna comunicare al venditore di volersi avvalere della modalità di pagamento con Pagodil, ma non viene fatta alcuna richiesta per iscritto. Se la procedura non viene approvata da Cofidis il rifiuto non viene segnalato nella Crif.

Non c’è una caratteristica unica come durata della dilazione, poiché questa viene negoziata tra venditore e Cofidis stessa, così come sono diverse le somme accettate per la dilazione di pagamento, essendo sempre frutto di accordi specifici e personalizzati.

Conclusioni

E’ meglio una dilazione di pagamento o un normale finanziamento? A fare la vera differenza sono le condizioni che troveremo con l’una o l’altra modalità considerato che in entrambe le ipotesi potremo incontrare sia l’applicazione di interessi che la condizione a tasso zero. La scelta dovrà per forza essere valutata caso per caso, guardando proprio alle condizioni che si otterranno.

Tuttavia la dilazione di pagamento non prevede un iter che passi attraverso la richiesta di preventivo, che invece è una condizione a cui non si può sottrarre il finanziatore. Si tratta comunque di due possibili alternative che si possono usare, anche congiuntamente, per poter effettuare degli acquisti di beni e di servizi.

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Consolidamento debiti Unicredit – Ecco quando richiederlo

Mutuo o prestito consolidamento debiti con Unicredit?

Avere il polso della propria esposizione debitoria può essere molto complicato. Non a caso, molto spesso può capitare che si avverta l’esigenza di estinguere i precedenti prestiti per far confluire tutto in un unico finanziamento. Questa opzione offerta dalle banche si chiama consolidamento dei debiti e consente, appunto, di estinguere precedenti prestiti contratti con banche o finanziarie al fine di far confluire tutto in un’unica rata. Il vantaggio può essere legato a una maggiore sostenibilità della rata che si andrà a sostenere complessivamente, oppure per rendere più semplice l’organizzazione delle scadenze di pagamento, che si riducono ad un solo esborso mensile.

Oggi quasi tutte le banche prevedono questa opzione, compresa Unicredit, che ha inserito il suo prodotto specializzato all’interno della categoria dei CreditExpress. Vediamo meglio, allora, come funziona il consolidamento debiti Unicredit.

Credit Express Compact di Unicredit: il modo smart per consolidare dei debiti

Si chiama Credit Express Compact la soluzione di Unicredit per estinguere i prestiti precedenti e ripagarli attraverso una sola rata. In pratica si tratta di un prestito per consolidamento debiti e liquidità che parte dai 3.000 euro ed arriva fino a 50.000 euro e può essere restituito in un periodo di tempo compreso tra i 36 ed i 120 mesi (fino a 10 anni, dunque) con tassi che si attestano intorno al 10,40% di Tan e l’11,86% di Taeg.

Si inglobano e si estinguono automaticamente, in questo modo, tutti i prestiti che il cliente aveva eventualmente contratto con altre banche, e si offre una soluzione pratica a condizioni buone, rispetto a quelle che offrono banche concorrenti, ma non eccezionali.

Cosa serve per attivare il consolidamento debiti Unicredit

Per attivare il prestito Credit Express Compact di Unicredit e dare quindi il via al consolidamento dei debiti basta recarsi presso la filiale più vicina portando con sé documenti come carta d’identità, codice fiscale e permesso di soggiorno in caso di cittadini non italiani. Serve poi una documentazione sul reddito: ultima busta paga in caso di lavoratori dipendenti, cedolino della pensione per i pensionati, modello Unico in caso di lavoratori autonomi. Per evitare di fare inutili file, è consigliato contattare il numero verde (numero verde 800.575757) o sfruttare il sistema di prenotazione on line, così da poter scegliere la filiale, e nel rispetto delle disponibilità di orari liberi, anche l’ora in cui avere l’appuntamento.

Alla documentazione personale e reddituale, va poi affiancata quella relativa a precedenti finanziamenti contratti: i vari prestiti da altre banche dimostrati tramite il conteggio di estinzione anticipata, che si intende sostituire o “consolidare”. Da ricordare, comunque, che qualora ci si trovasse a chiedere somme ulteriori o di importo molto elevato l’istituto bancario potrebbe pretendere delle garanzie crescenti (ad esempio un garante, coobbligato, ecc).

Prodotti Unicredit

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Prestiti Guardia di Finanza – Ecco cosa sono e come ottenerli

In convenzione o Inpdap: i prestiti guardia di Finanza migliori

Come per tutti i dipendenti statali, anche per chi lavora in Guardia di Finanza (così come per tutti i militari) i prestiti elargiti dalle banche possiedono spesso delle agevolazioni sul fronte economico Talvolta, inoltre, sono concessi sfruttando la formula della Cessione del quinto dello stipendio. Queste agevolazioni, indipendentemente dalla tipologia di finanziamento richiesto, possono essere dovute a accordi o convenzioni che singole banche fanno con i dipendenti pubblici in generale, oppure con un’offerta più mirata di prestiti per Guardia di Finanza che opera in una determinata zona (spesso si tratta di un intervento a livello regionale, ma in alcuni casi si può avere anche un accordo più ristretto o più ampio territorialmente parlando).
Ovviamente c’è sempre la possibilità di poter richiedere i prestiti pluriennali diretti Inps ex Inpdap, oppure quelli garantiti, per i quali il regolamento è ancora rimasto fermo al 2011, quindi con pochissime novità, tra le quali la creazione di un calcolatore online di simulazione e la possibilità di potersi ricavare un simil preventivo.

Bastano pochi documenti e il prestito è immediato

I prestiti personali vengono erogati senza alcun bisogno di giustificazione. Se si desiderano delle agevolazioni sulle condizioni bisogna chiedere in modo specifico che cosa riserva la banca come offerta per i militari, e quindi anche per la Guardia di Finanza. L’iter, sia che si opti per una banca con una convenzione attiva, che senza convenzione ma con tassi agevolati per i dipendenti del pubblico impiego, è sempre lo stesso : si sceglie una banca o una finanziaria, si chiede una somma, e se c’è il parere positivo in fase di valutazione, viene accreditata nell’arco di pochi giorni dall’approvazione.

Gli unici documenti da presentare generalmente consistono nell’ultima busta paga (o nelle ultime due), nel Cud o 730 in un documento di identità e il codice fiscale. Si dovrà ovviamente scegliere anche la durata della restituzione del prestito (quante rate) e l’importo che si intende pagare mensilmente, entro i limiti previsti dall’Istituto di credito interpellato.

L’alternativa della Cessione del Quinto

Per le categorie di dipendenti statali, ed anche per i prestiti ai dipendenti della Guardia di Finanza, la scelta più pratica sembrerebbe però proprio quella della cessione del quinto. Si tratta di un tipo di finanziamento, concesso da una banca o da una finanziaria a cui ci si rivolge, che prevede la trattenuta a monte dallo stipendio (ogni mese per tutta la durata del piano di ammortamento) di una certa somma fino ad un massimo del quinto dello stipendio, al fine di ripagare un prestito. La somma trattenuta corrisponde proprio alla rata da rimborsare (incombenza che spetterà al datore di lavoro).

L’alternativa della cessione del quinto mette al riparo da eventuali dimenticanze, giacché il meccanismo di restituzione dell’importo è automatico. Tra le possibilità di cessioni del quinto offerte ai dipendenti della Guardia di Finanza, ci sono dei prestiti in convenzione Inpdap che possono elargire somme anche piuttosto elevate tasso e condizioni variano a seconda della convenzione in essere). Questi si vanno ad aggiungere ai pluriennali direttamente erogati dall’Inps e x Inpdap, il cui importo è invece condizionato dalle finalità per cui vengono richiesti, mentre il tasso è sempre fisso, pari al 3,5% (più 0,50% per la quota amministrativa più la quota di fondo rischi unica componente variabile in funzione dell’età del richiedente).

Approfondimento: Cessione del quinto dipendenti pubblici.

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Consolidamento debiti senza garante – Cessione o finanziamento?

Consolidamento debiti senza garante e garanzie: quali alternative?

La cessione del quinto viene spesso utilizzata con l’obiettivo di poter effettuare un consolidamento debiti senza garanzie e senza garante. Quando si arriva però ad una elevata esposizione al debito bisogna per prima cosa capire da dove deriva il problema ed al contempo ammettere che molto probabilmente manca un poco di disciplina nella gestione delle proprie finanze.

Quali alternative alla cessione del quinto?

Le cessioni del quinto non rientrano specificatamente tra i prestiti di consolidamento debiti. Vengono molto spesso utilizzate per tale scopo perché permettono di realizzare l’obiettivo di consolidare, ovvero accorpare, vari finanziamenti, così da dover far fronte ad una sola rata da rimborsare. Il tutto senza che si debbano apparentemente dare altre garanzie o presentare un garante. Ma è realmente così?

Tutt’altro, la cessione del quinto concentra semplicemente le garanzie sul metodo di rimborso che esclude il finanziato, tramite la formula della trattenuta a monte del quinto dello stipendio che il datore di lavoro versa poi alla banca o alla finanziaria. Si tratta quindi di un tipo di finanziamento che può essere utilizzato come alternativa al consolidamento (laddove invece potrebbero essere richiesti un garante o la presentazione di altre garanzie), ma è richiesta una grande disciplina nel riorganizzare le proprie finanze.

Infatti a differenza di un vero e proprio prestito di consolidamento debiti, non ci sarà un’estinzione diretta dei prestiti già in corso da parte della banca che accorda il nuovo finanziamento. Sarà il finanziato che dovrà provvedere estinguendo ogni singolo finanziamento. Questo aspetto porta alla luce un altro problema: nel calcolare le somme da destinare a ciascun prestito si dovrebbero considerare anche le penali di estinzione, procedendo proprio alla richiesta dei conteggi di estinzione.

Quindi il rischio che ci si trovi con un ulteriore debito, ed altri finanziamenti ancora in corso, così da non poter rimborsare tutte le rate in modo puntuale o senza una sofferenza reale della propria capacità di spesa, è molto elevato. Utilizzare le cessioni del quinto per raggiungere questo tipo di risultato, per il quale tra l’altro sono stati ideati dei finanziamenti specifici, molto spesso è una pessima scelta. A maggior ragione quando si passa per questa via con l’obiettivo di ottenere anche ulteriore liquidità. Purtroppo dare un freno all’indebitamento può essere molto complicato, e in alcuni casi si arriva a situazioni che sono al limite della sostenibilità, o addirittura oltre.

I “consolidamenti” veri e propri

Un mutuo o un finanziamento di consolidamento debiti non è altri che un prestito che ha uno scopo specifico: ottenere la liquidità necessaria per rimborsare i prestiti già in essere. Normalmente la richiesta viene fatta per l’estinzione totale ma in alcuni casi la si può utilizzare anche per quella parziale. Specialmente in quest’ultimo caso si possono incontrare maggiori difficoltà, in quanto viene meno l’elemento di riorganizzazione dei pagamenti, atto a semplificare le modalità di rimborso. Questa è anche l’ipotesi in cui la banca interpellata per la concessione del finanziamento sarà meno disposta a concedere un consolidamento debiti senza garante e senza garanzie.

In senso assoluto ci si dovrà attenere alla base del funzionamento di questo tipo di prestito, rinunciando alla richiesta di ulteriore liquidità, per non rischiare di rendere la pratica più complicata.

Come fare per evitare di dover fornire garanti e garanzie accessorie?

Se una pratica non risulta particolarmente complessa, o poco chiara, o semplicemente se non denota un ulteriore aumento dell’esposizione debitoria del richiedente, a fronte di un reddito valutato e giudicato sufficiente, non ci dovrebbero essere delle brutte sorprese. Quindi la prima cosa da fare è quella di munirsi di alcuni preventivi, che siano anche utilizzabili per poter valutare la “fattibilità” più o meno semplificata della procedura. Come fare?

Si deve fare una valutazione sull’importo della rata che complessivamente si andrà a rimborsare. Se questa concentra la somma delle rate già in corso, riportando un importo leggermente inferiore, allora le difficoltà saranno poche (a meno che non ci siano altri problemi, come segnalazioni nelle Sic o banche dati analoghe). Tra l’altro le difficoltà di ottenere la somma di cui si ha bisogno, senza inserimento di garanti o garanzie, diminuisce mano a mano che si abbassa l’importo della rata calcolata.

Oltre a non richiedere ulteriore liquidità, non si dovrebbero allungare i piani di rimborso oltre una soglia accettabile. In generale maggiore è la durata di un finanziamento, maggiori sono le possibilità che il finanziato possa trovarsi in difficoltà e non rimborsare tutto l’importo dovuto. Anche in questo caso, come conseguenza diretta, si avrà la tendenza dell’Istituto di credito, ad aumentare la forza delle garanzie, nella maggioranza dei casi prediligendo quelle di tipo personale (con inserimento di altri redditi soprattutto tramite i garanti) ma se necessario anche di tipo reale (come con l’uso di immobili, pegno su titoli, ecc).

Se oltre a dover riorganizzare i pagamenti c’è anche la forzata necessità di richiedere nuova liquidità, allora ritorna la possibilità di prendere in esame la cessione del quinto magari accompagnata anche da un prestito con delega. In questo modo si avrà in più la garanzia che l’esposizione massima al debito sarà del 20% o del 40%.

Cosa fare e come scegliere al meglio?

Il finanziamento di consolidamento debiti necessita di una documentazione che non appartiene ad altre forme di prestito. Questo aspetto non deve impedire la richiesta di preventivi, che non vanno mai confusi con le procedure di “fattibilità”. In questa fase, che fa parte sempre della fase di valutazione e di scelta, bisogna comunque munirsi dei preventivi reali ed ufficiali, anche per vedere se l’importo massimo di cui abbiamo bisogno è disponibile (ed erogabile) presso la società scelta.

In più, anche se non si tratta di prodotti direttamente confrontabili (perché nascono con obiettivi differenti e funzionano anche in modo diverso), può essere utile affiancare alla ricerca di veri e propri prestiti di consolidamento debiti anche quelli di cessione del quinto. Questa ricerca preventiva permette di virare rotta con maggiore facilità e procedere, in caso di problemi, con un tipo alternativo di finanziamento che è più vicino alle proprie possibilità oppure a ciò che si vuole realmente.

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Debiti Equitalia – Cosa è realmente pignorabile?

Prima casa, stipendi e pensioni: cosa succede nel caso di debiti con Equitalia?

Nel 2017 è stato calcolato che circa 21 milioni di italiani ha debiti con Equitalia. Tolto il caso in cui il debitore ha crediti erariali e che quindi può utilizzare la compensazione con f24, negli altri casi questi debiti devono essere rimborsati. Ci sono inoltre delle situazioni più particolari che possono coinvolgere anche gli eredi del defunto debitore e i pensionati. A riguardo, in che misura per riscuotere i debiti Equitalia può agire sulla pensione, su un immobile (specialmente quando si tratta di una prima casa), e sugli eredi?

Quali sono i debiti trasmissibili agli eredi?

Un primo problema si incontra quando il debitore muore. Cosa fare? Gli eredi possono non pagare i debiti rimasti con Equitalia semplicemente effettuando la rinuncia all’eredità oppure nel caso non provvedano ad accettare l’eredità per i 10 anni successivi al decesso.

Negli altri casi saranno chiamati a pagare le cartelle esattoriali per conto del de cuius debitore. In generale tutti i debiti erariali, indipendentemente dal creditore, sono esigibili e vanno rimborsati, ma ci sono dei debiti che non sono trasmissibili agli eredi: le sanzioni. Infatti queste hanno carattere personale, sono ascrivibili al debitore direttamente, e quindi non dovrebbero ricadere sugli eredi.

Tuttavia le cartelle esattoriali arrivano corredate anche delle sanzioni ed interessi maturati. Deve essere cura degli eredi stessi chiedere lo storno di tutto ciò che non è rappresentato dal debito erariale “puro” e semplice. Si deve fare molta attenzione perché se si chiede la rateizzazione o si inizia a pagare poi non è possibile chiedere la correzione delle sanzioni successivamente.

Compensazione con F24: come fare

La compensazione tra crediti erariali (o crediti d’imposta) di qualsiasi tipo (Irpef, Irap, Iva, ecc), e quelli che si vantano nei confronti della pubblica amministrazione, contro i debiti con Equitalia può essere fatta riempiendo e presentando l’apposita modulistica.

Tale compensazione può essere anche solo parziale, ed il pagamento prevede l’uso del modello F24 “accise” per i crediti di imposta mentre la procedura è un poco più complicata nel caso della compensazione dei crediti verso la Pubblica amministrazione. Nel secondo caso è comunque possibile ricevere assistenza sia da parte di Equitalia che del personale qualificato preposto.

Pignorabilità o impignorabilità della prima casa?

Nel 2013 sono state introdotte delle novità, che hanno però causato anche una buona dose di confusione. Per capire quando la casa è pignorabile e quando non lo è bisogna fare due discorsi separati a seconda che l’importo totale dei debiti sia maggiore o minore di 20 mila euro, e a seconda che si tratti della prima casa o dell’unica abitazione.

Il limite dei 20 mila euro e dei 120 mila euro

Se il debito che si ha nei confronti di Equitalia è di importo inferiore ai 20 mila euro, Equitalia non potrà iscrivere l’ipoteca sulla prima casa. Se è di importo superiore allora potrà farlo. Tuttavia l’iscrizione di ipoteca non significa che potrà anche procedere al pignoramento dell’immobile stesso. Infatti si deve distinguere il caso in cui si tratta di una “prima casa” o del solo “immobile” di cui è proprietario il debitore. Per l’esproprio e la messa in vendita all’asta è comunque necessario che il debito superi i 120 mila euro.

Differenza tra prima casa e unico immobile di proprietà

La differenza è tutt’altro che chiara, ma va ben compresa per riuscire a sapere quando Equitalia potrà procedere all’iscrizione di ipoteca e alla vendita all’asta. Per prima cosa non si deve avere solo la “prima casa” ma è necessario che il debitore abbia la casa come unico immobile. Che cosa significa? Che non deve essere proprietario di un qualsiasi altro immobile (anche un piccolo terreno agricolo), a meno che questo non risulti come pertinenza del solo immobile di proprietà che quindi automaticamente beneficerà anche dello status di prima casa.

Tuttavia per un debito maggiore di 20 mila euro Equitalia potrà ugualmente iscrivere ipoteca a titolo di garanzia, così da evitare che altri creditori possano valersi sull’unico bene che può portare al pagamento del debito stesso. Se il debito è superiore sempre ai 20 mila euro, e il debitore ha una sola casa e un piccolo orticello, allora non solo Equitalia potrà iscrivere ipoteca ma potrà anche iniziare le procedure per il pignoramento. Qui l’unica soluzione è quella di essere proprietari solo della casa e nessun altro bene immobile.

Sono poi necessari due altri requisiti perché la normativa del 2013 possa essere applicata a tutela del debitore:

  • questi deve avere la residenza anagrafica nel Comune in cui si trova il solo immobile;
  • è necessario che dalla classe catastale la casa risulti come immobile con uso abitativo ma non di lusso.

Residenza e destinazione catastale

Per la residenza anagrafica la situazione è molto semplice: il debitore deve avere la residenza dell’immobile che a sua volta deve avere destinazione ad uso abitativo/residenziale. Attenzione: se la residenza si trova in una casa in affitto o altra sistemazione, allora il solo immobile posseduto potrà essere ugualmente espropriato (vedi anche Pignoramento immobiliare).

Pignoramento e pensione: fino a che importo?

Lo stipendio e gli emolumenti in generale possono essere pignorati in caso di debiti con Equitalia, ma devono essere rispettate delle soglie massime. Nel caso dello stipendio e della pensione la somma massima pignorabile è pari a un quinto dell’importo netto percepito, ma per le pensioni ci sono delle maggiori restrizioni. Infatti per il calcolo del quinto della pensione bisogna considerare la presenza della quota cedibile, che tiene conto dell’importo della pensione minima o sociale che non può essere aggredito.

Il 20% della pensione è la somma massima pignorabile, ma il giudice può stabilire anche soglie inferiori. Questo perché, per il pignoramento della pensione, Equitalia deve passare per la strada tradizionale e quindi notificare il provvedimento all’ente previdenziale. Solo davanti al giudice si deciderà la somma massima che quest’ultimo deciderà di accordare.

Oltre alla pensione mensile rimane la possibilità di pignoramento delle giacenze che il pensionato ha sul conto. Se questo è aperto alle poste l’aggressione potrà avvenire per un importo che al massimo potrà arrivare a tre volte la pensione minima che è stabilita per quell’anno. Se invece si tratta di altro conto sarà aggredibile al massimo il 20% della giacenza presente sul conto stesso.

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Prestiti dipendenti municipalizzate – Quali vantaggi?

Dipendenti municipalizzate: cessione del quinto o prestiti convenzionati?

Le aziende municipalizzate sono generalmente delle società di diritto privato (ma prive di una personalità giuridica autonoma), che svolgono la propria attività in un ambito specifico per conto del Comune. Si parla nella maggior parte dei casi di un ente economico di diritto pubblico che sperò svolge attività imprenditoriale.

Questa condizione molto particolare spesso crea problemi di interpretazione su quelli che sono i diritti dei dipendenti delle municipalizzate e quindi anche sui tipi di prestiti che possono ottenere.

La cessione del quinto è possibile?

Quando si ha a che fare con i dipendenti, sia del settore privato che di quello pubblico, si associa quasi subito la possibilità di accedere alla cessione del quinto dello stipendio. Sotto questo punto di vista i dipendenti delle municipalizzate vengono parificati in modo omogeneo ai dipendenti statali, para statali e pubblici. Quindi se la durata del contratto che si ha con l’azienda ha le condizioni minime necessarie per ottenere la cessione, almeno in teoria non ci dovrebbero essere problemi.

Purtroppo il condizionale è d’obbligo, visto che a conti fatti molte banche e finanziarie stabiliscono in modo molto specifico quei soggetti che potranno essere considerati finanziabili, anche in virtù delle aziende per le quali lavorano. Roma purtroppo è un esempio abbastanza esplicativo delle difficoltà che si possono incontrare a causa della scarsa solidità dell’azienda stessa per cui si lavora.

Se infatti quando si è dipendente pubblico di un ministero (o in generale di una pubblica amministrazione) l’aspetto della finanziabilità non entra in gioco, poiché non viene messo in discussione l’aspetto della “solidità” del datore di lavoro, di fronte alle aziende municipalizzate la situazione cambia.

Quindi riassumendo i dipendenti delle municipalizzate di un determinato Comune potranno vedersi rifiutata la propria richiesta di cessione del quinto dello stipendio, semplicemente perché l’azienda per cui si lavora mostra segnali evidenti, o anche solo degli accenni, di una condizione di sofferenza.

Requisiti minimi richiesti

Nonostante le aziende municipalizzate abbiano una partecipazione del “solo 40%” da parte dello Stato, enti, ecc, anche per il possesso dei requisiti minimi sono previste le stesse condizioni per lo più applicate per i dipendenti pubblici che lavorano per la pubblica amministrazione. In particolare bisogna aver maturato un’anzianità, dalla data di assunzione, che sia almeno pari a 3 mesi.

Caratteristiche e condizioni dei contratti

La durata è imposta dalla legge, quindi si va da un minimo di 24 a un massimo di 120 rate. Per i rinnovi valgono sempre i limiti imposti dalla legge, che stabilisce anche quelli relativi all’età massima del richiedente. Sia che si tratti di uomo o donna, i dipendenti non potranno superare alla scadenza del contratto i 70 anni di età. Se si ha bisogno di maggiore liquidità è possibile salire al 40% dello stipendio netto (doppio quinto) facendo richiesta di un prestito con delegazione di pagamento.

I prestiti personali: merito creditizio e contratto tipo

Se si desidera richiedere un qualsiasi prestito personale che non sia una cessione del quinto, o anche nel caso di richiesta di un prestito finalizzato per l’acquisto di un determinato bene (vedi Acquisto auto a tasso zero), se si è dei buoni pagatori (con merito creditizio positivo) e si ha un contratto con un buono stipendio e una durata sufficiente (per quelli a tempo determinato) non ci sono ostacoli che possano limitare l’accesso al credito.

Per quanto riguarda i tassi agevolati si dovrà cercare tra le convenzioni che normalmente le aziende municipalizzate direttamente, o per intervento dei comuni, sono soliti stipulare. Queste sono normalmente estese a tutti coloro che rientrano nel raggio di “dipendenza del rapporto” anche se in modo abbastanza ampio.

Prestiti agevolati: come fare?

IBL – Richiedi un preventivo gratuito

I dipendenti pubblici vantano una lunga storia di agevolazioni legate a vari tipi di servizi, e tra questi i finanziamenti hanno sempre goduto di una condizione di primo piano. Non a caso la cessione del quinto è nata per i dipendenti pubblici e per quelli privati si è dovuto attendere il 2010 perché venisse estesa anche ad essi (vedi anche Cessione del quinto dipendenti privati).

Nonostante tale estensione ai dipendenti pubblici, ancora oggi, sono destinate condizioni migliori, con importi più elevati da poter richiedere e tassi più bassi. A questo tipo di vantaggio si aggiunge quello dei prestiti Inps ex Inpdap, che tuttavia rimangono accessibili solo per quei dipendenti pubblici che abbiano maturato i requisiti di anzianità e di contribuzione al fondo delle prestazioni creditizie e sociali.

Di contro però si possono ottenere ottime condizioni “locali” se si è dipendenti delle municipalizzate, grazie alle convenzioni che le banche che lavorano nel territorio tendono a stipulare. Qui il solo problema potrebbe essere rappresentato dal mancato rinnovo di un accordo, il che costituisce un limite solo per chi deve iniziare una pratica di finanziamento ma non per quanti hanno già il contratto in tasca e i soldi sul proprio conto corrente.

Quindi prima di mettersi a guardare in giro si dovrebbe vedere che cosa è previsto, tra accordi e convenzioni, proprio per quel comune o per quell’azienda municipalizzata. Solo in seconda battuta si deve guardare a ciò che è offerto ai dipendenti “pubblici” e a quali Istituti di credito prevedono questo tipo di servizio anche a livello nazionale.

Per conoscere comunque più nel dettaglio i vantaggi collegati ai prestiti pubblicizzati come “agevolati” la cosa da fare sempre è quella di richiedere un preventivo, sia in qualità di dipendente della municipalizzata che approfitta di un determinato accordo che sembrerebbe vantaggioso, che in qualità di dipendente che non beneficia di alcuna agevolazione al pari di qualsiasi altro potenziale finanziato. Da un semplice confronto, numeri alla mano, sarà estremamente agevole poter determinare il tipo e la concretezza dei vantaggi che spetterebbero.

E’ comunque consigliato cercare anche tra i prestiti online, procedendo con semplici e rapide richieste di preventivi sul web, molti dei quali vengono comunicati con esito immediato. Questo permette di avere subitaneamente una panoramica completa ed anche un piano di riserva nel caso in cui la banca o finanziaria “convenzionata” dovessero rifiutare la richiesta di cessione visto e considerato che quando il numero di dipendenti finanziato è molto elevato difficilmente si accetteranno altri soggetti da finanziare. La soluzione è così molto semplice: o si agisce tempestivamente oppure si guarda altrove.

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Cessione del quinto insegnanti – Quali alternative per i precari?

Cessione del quinto insegnanti – Meglio Inps o convenzionati?

I dipendenti statali possono usufruire di canali preferenziali (in alcuni casi quasi esclusivi) per accedere al credito. Tra i lavoratori impiegati nel settore pubblico troviamo gli insegnanti, i quali possono avere accesso anche ai prestiti Inpdap. Purtroppo un’ampia fetta di insegnanti, essendo precari, non trovano la stessa varietà di alternative di scelta di chi è di ruolo, ma in generale si può affermare che la tipologia di finanziamenti, soprattutto nell’ambito di quelli personali, è completa e esaustiva.

In particolare a farsi notare sono le tipologie che vengono rimborsate come cessione del quinto insegnanti, trattandosi di casi in cui confluiscono sia il piccolo prestito Inpdap, che i prestiti pluriennali diretti o garantiti sempre dall’Inps ex gestione Inpdap, e la normale cessione del quinto. Tutte queste tipologie a loro volta sono disponibili sia per chi è ancora in attività lavorativa che per i pensionati.

Tra le principali differenze troviamo soprattutto le condizioni economiche applicate e le modalità di presentazione delle domande di prestito.

I prestiti Inpdap: dal piccolo prestito a quelli pluriennali

Non tutti gli insegnanti possono fare richiesta del piccolo prestito e dei prestiti pluriennali (il che vale sia per quelli diretti che per quelli garantiti). Questa restrizione è imposta dai requisiti minimi che bisogna aver raggiunto, che sono principalmente legati all’anzianità maturata dal momento dell’iscrizione della Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali. Tra l’altro quando si sta per andare in pensione bisogna anche decidere se iscriversi come pensionato oppure se non farlo, ma l’iscrizione è e rimane obbligatoria, tanto per il piccolo prestito che per quelli pluriennali garantiti e non.

Ad esempio per quelli pluriennali è prevista un’anzianità minima di contribuzione di almeno 4 anni al fondo stesso. Il vantaggio è che raggiungendo l’anzianità di versamenti minima prevista si potrà farne richiesta anche se si ha un contratto a tempo determinato. I precari devono avere invece almeno un contratto di 3 anni. In alcune circostanze ben specifiche e determinate i tempi di iscrizione e/o versamento si dimezzano.

Per quanto riguarda questa tipologia di prestito bisogna considerare altri due aspetti che sono: la disponibilità finanziaria del Fondo stanziato per gli iscritti e le modalità di richiesta del finanziamento stesso. Prima di vedere questi due aspetti, e l’impatto che hanno sulle richieste, si deve tener presente che indipendentemente dal tipo di finanziamento scelto (piccolo prestito, prestiti pluriennali garantiti e prestiti pluriennali diretti) il rimborso verrà effettuato mensilmente, per un importo che sarà al massimo pari al 20% dello stipendio netto mensile, con trattenuta a monte. Quindi il pagamento delle rate avviene in modo automatico, senza ulteriori incombenze per i finanziati.

Modalità di richiesta prestiti Inpdap

Tra le tre tipologie di prestiti Inps ex Inpdap, troviamo differenze più o meno marcate, proprio nell’iter di richiesta. In particolare i prestiti erogati direttamente privilegiano in via esclusiva l’invio telematico. Per quanto riguarda il piccolo prestito, ad esempio, è sufficiente avere le credenziali ed il Pin dispositivo da utilizzare sul sito di NoiPa. Qui, una volta fatto il login si dovrà entrare nell’area personale, quindi nella zona self service, per poi entrare nella sezione dei prestiti. Essendo qui riportati tutti i dati dell’iscritto, non si dovrà fare altro che specificare la durata del finanziamento che si desidera fare (si può usare un tool di simulazione per avere le idee più chiare sul rapporto tra le rate da rimborsare e la somma massima che può essere ottenuta), e quindi inviare la richiesta con un semplice click.

Per i prestiti pluriennali diretti c’è sempre l’uso del sistema telematico, ma è l’amministrazione che inoltra la documentazione per conto del proprio dipendente iscritto alla Gestione Unitaria, allegando la documentazione che giustifica la motivazione per cui si richiede la liquidità. Poi personalmente si deve selezionare, all’interno dell’area personale presente sul sito dell’Inps, la richiesta dei prestiti pluriennali garantiti. Anche in questo caso si può operare una simulazione sfruttando il tool presente sul sito dell’Inps. Questo è accessibile senza necessità di fare il login.

Per i prestiti pluriennali garantiti, ci si deve rivolgere sempre alla propria amministrazione, la quale in via telematica invia la richiesta alla banca che il proprio dipendente ha scelto. Arriverà poi la risposta della banca sulla procedibilità della richiesta e sulle condizioni applicate, che dovranno passare al vaglio dell’Inps perché dia il proprio parere sulla possibilità di offrire (o meno) garanzia per permettere il perfezionamento della richiesta di finanziamento.

Cessioni del quinto per dipendenti pubblici e privati

Così come accade per i dipendenti pubblici, rimane sempre viva la possibilità di poter scegliere una cessione del quinto convenzionata con i lavoratori impiegati nel settore della pubblica amministrazione. Senza particolari limitazioni, si potrà ottenere la somma di cui si ha bisogno, a condizioni economiche più agevolate rispetto a quelle che vengono applicate ai dipendenti del settore privato e agli stessi pensionati.

Queste agevolazioni sono spesso frutto di specifiche convenzioni stipulate con ministeri e in generale con la PA, ma possono anche essere determinate dal minor rischio che una banca (o finanziaria) corre nel finanziare con la cessione del quinto gli insegnanti al pari di tutti i dipendenti pubblici.

Quindi quando si ha possibilità di scelta sarebbe meglio mettere in coda alle varie alternative la normale cessione del quinto destinata ai dipendenti del settore privato. Questa tuttavia è la sola via percorribile per le cessioni del quinto degli insegnanti delle scuole private. In questi casi si può vedere se la scuola da cui si dipende abbia in corso degli accordi specifici volti a migliorare le condizioni economiche applicate.

Conclusioni

Davanti a poca possibilità di scelta è molto difficile sbagliare, mentre quando si hanno tante opzioni il rischio di compiere la scelta meno adatta è molto più elevato. Per fare le proprie considerazioni in particolare bisogna considerare il fatto che c’è sempre una quota assicurativa applicata, e che solo nel caso di Banche e finanziarie si ha la possibilità di non doversene fare carico, grazie all’offerta del pagamento delle varie quote mensili da parte dello stesso Istituto finanziatore.

Infine qualsiasi sia la scelta che si sta vagliando, bisogna sempre sfruttare pienamente le potenzialità dei preventivi, per due ragioni: non è detto che si rientrerà con certezza nell’erogazione del piccolo prestito o dei prestiti pluriennali, poiché può accadere che il plafond stanziato non sia sufficiente a coprire tutte le richieste; inoltre non è da dare per scontato che la presenza della quota da destinare al fondo rischi non renda il finanziamento comunque conveniente anche quando si tratta di quelli più agevolati.

Approfondimento: Prestiti personali per insegnanti.

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Cessione del quinto dipendenti cooperative – Quando è possibile?

Cessione del quinto dipendenti cooperative: quali differenze con i dipendenti privati?

La cessione del quinto per i dipendenti delle cooperative può rappresentare un’ulteriore via di accesso al mondo dei finanziamenti, ma non si tratta di una possibilità che si può dare per scontata. In particolare i dipendenti di una società cooperativa, a differenza di quanto accade per i dipendenti di società spa e della maggioranza delle srl, possono tentare questa strada, ma pur essendo in possesso di tutti i requisiti necessari, si possono ritrovare con la richiesta rifiutata. La ragione è dettata soprattutto dal fatto che molte banche e finanziarie ritengono una società cooperativa eccessivamente rischiosa nel caso della cessione del quinto (vedi anche Come rinnovare la cessione in corso).

Perché si hanno difficoltà con le cessioni?

Quando un dipendente ottiene la cessione del quinto, sarà compito del datore di lavoro effettuare il rimborso delle rate ogni mese. Ma ovviamente come base per il funzionamento di questo meccanismo è necessario che il datore di lavoro sia considerato economicamente solido e forte. Nelle cooperative la formula particolare utilizzata, che vede i dipendenti nella veste anche di soci, può causare dei problemi aggiuntivi, oltre al fatto che tranne nel caso delle cooperative molto grandi, generalmente non si può parlare di strutture molto forti dal punto di vista patrimoniale.

A questo aspetto si aggiungono anche gli ambiti in cui le cooperative normalmente operano, spesso con carattere sociale, per offrire servizi che sono considerati in generale ‘poco graditi’ da chi deve scegliere se concedere o meno la cessione del quinto (come ad esempio il settore turismo, pulizie, ecc). Quindi, anche se da una parte si supera il problema della valutazione della solidità reddituale del richiedente e della valutazione del merito creditizio, si passa al fatto che il datore di lavoro deve essere considerato un partner affidabile nelle fasi di rimborso delle varie rate.

Ma le difficoltà non finiscono qui perché c’è anche la questione dell’assicurazione. E’ sbagliato pensare che sia solo la banca a dare il proprio via libera alla finanziabilità con cessione del quinto dei dipendenti di cooperative: bisogna considerare anche l’apertura o le reticenze che potrebbero avere le compagnie di assicurazione che devono essere obbligatoriamente interpellate. In molti casi, nemmeno la determinazione di un premio assicurativo più elevato viene considerato in modo favorevole dall’assicurazione, poiché il rischio viene considerato comunque eccessivo.

Quindi i limiti che si possono incontrare nelle richieste di cessione del quinto da parte di dipendenti delle cooperative non sono dettati da restrizioni o interpretazioni della norma che ha esteso la possibilità di accesso a questa forma di prestito personale anche ai dipendenti del settore privato. I limiti e le cause di esclusione sono legate esclusivamente alle valutazioni che gli Istituti di credito interpellati effettuano. Queste considerazioni sono legittime e si basano sul diritto che un finanziatore ha di tutelarsi nel miglior modo possibile (o che ritiene opportuno). Questo stesso discorso varrà anche per la compagnia di assicurazione. A riguardo si potrebbe pensare che cambiando compagnia assicurativa l’ostacolo potrebbe essere superato, ma è molto difficile che una situazione considerata rischiosa per la società A venga considerata assicurabile dalla compagnia B: generalmente vengono usati dei parametri molto comuni, che possono volgere in positivo o in negativo solo situazioni che riportano delle minime differenze. Se però ci sono delle demarcazioni più nette allora l’esito sarà praticamente lo stesso.

Come fare per sapere se le cessioni possono essere ottenute?

Difficilmente le grandi banche hanno prodotti dedicati ai soci di società cooperative. E’ più probabile trovare delle finanziarie che siano disposte a vagliare una richiesta di cessione del quinto. Normalmente si tratta di una situazione che però esclude le cooperative con un basso numero di soci, il che crea un’altra distinzione netta tra i dipendenti di società spa e srl e quelli di cooperative, visto che per le prime due normalmente è accettato un numero minimo di dipendenti che sia pari ad almeno 16 addetti. Nel caso delle cooperative anche ‘50 soci lavoratori’ è normalmente considerato un numero esiguo.

Per sapere se un’offerta di cessione è appetibile e allo stesso tempo fattibile bisogna informarsi subito se è prevista la possibilità di accesso anche alle cooperative. Per avere delle informazioni più certe è meglio far fare un preventivo e parlare direttamente con un consulente preposto ad istruire la pratica, piuttosto che fermarsi solo alle informazioni del numero verde che hanno carattere troppo generico (e possono non entrare nel merito delle potenzialità di una richiesta concreta).

Quindi, vista la comodità del web per fare le proprie ricerche e per conoscere più approfonditamente le possibilità che si hanno, si possono fare due passaggi. Un primo passo, di tipo conoscitivo a livello più generale, può passare per le vie di contatto altrettanto generiche come i form interni ai siti, i forum o il numero verde. Il secondo passaggio invece dovrebbe portare ad uno step successivo, di personalizzazione della questione e della richiesta, il che può passare tramite contatto telefonico con un consulente preposto o mediatore, oppure recandosi in agenzia o in filiale di banca, se la prima serie di informazioni è stata esaustiva e abbastanza positiva.

Caratteristiche dei preventivi

I preventivi oggi devono essere rilasciati in forma scritta standardizzata. Ciò vale anche in caso di richiesta on line. Se sul sito di una banca non è specificato che è prevista la cessione del quinto di dipendenti di cooperative, non bisogna scoraggiarsi e rinunciare alla richiesta del preventivo stesso. Si tratta infatti di un’operazione che non costa nulla, non impegna in alcun modo, ma che permette di avere una base con dati certi e personalizzati da cui partire per vedere poi se tale richiesta sarà di fatto procedibile oppure no.

In questa fase si possono raggiungere anche delle informazioni confortanti dal punto di vista della fattibilità della richiesta, ma visto che non si hanno garanzie totali, almeno fino a quando non viene staccato l’assegno (perché possono subentrare altre cause di rifiuto come ad esempio numero elevato di soci che ha già una cessione del quinto in corso), è buona norma informarsi presso altre finanziarie e banche per avere una sorta di piano di riserva.

Quali sono i requisiti specifici?

In pratica non ci sono delle limitazioni specifiche, per cui i requisiti minimi, che andiamo a riassumere di seguito, sono gli stessi previsti per una cessione del quinto dello stipendio. Dal punto di vista soggettivo e personale si dovrà essere maggiorenni e residenti in Italia. Bisogna non aver superato il limite di età per il pensionamento.

Dal punto di vista oggettivo e reddituale sono richiesti il possesso di contratti di lavoro da dipendente a tempo indeterminato (in alcuni casi è accettato anche a tempo determinato), aver maturato anzianità sul posto di lavoro complessivamente di almeno 6 mesi, ed avere un Tfr che possa garantire la somma finanziata.

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