Consolidamento debiti senza garante – Cessione o finanziamento?

Consolidamento debiti senza garante e garanzie: quali alternative?

La cessione del quinto viene spesso utilizzata con l’obiettivo di poter effettuare un consolidamento debiti senza garanzie e senza garante. Quando si arriva però ad una elevata esposizione al debito bisogna per prima cosa capire da dove deriva il problema ed al contempo ammettere che molto probabilmente manca un poco di disciplina nella gestione delle proprie finanze.

Quali alternative alla cessione del quinto?

Le cessioni del quinto non rientrano specificatamente tra i prestiti di consolidamento debiti. Vengono molto spesso utilizzate per tale scopo perché permettono di realizzare l’obiettivo di consolidare, ovvero accorpare, vari finanziamenti, così da dover far fronte ad una sola rata da rimborsare. Il tutto senza che si debbano apparentemente dare altre garanzie o presentare un garante. Ma è realmente così?

Tutt’altro, la cessione del quinto concentra semplicemente le garanzie sul metodo di rimborso che esclude il finanziato, tramite la formula della trattenuta a monte del quinto dello stipendio che il datore di lavoro versa poi alla banca o alla finanziaria. Si tratta quindi di un tipo di finanziamento che può essere utilizzato come alternativa al consolidamento (laddove invece potrebbero essere richiesti un garante o la presentazione di altre garanzie), ma è richiesta una grande disciplina nel riorganizzare le proprie finanze.

Infatti a differenza di un vero e proprio prestito di consolidamento debiti, non ci sarà un’estinzione diretta dei prestiti già in corso da parte della banca che accorda il nuovo finanziamento. Sarà il finanziato che dovrà provvedere estinguendo ogni singolo finanziamento. Questo aspetto porta alla luce un altro problema: nel calcolare le somme da destinare a ciascun prestito si dovrebbero considerare anche le penali di estinzione, procedendo proprio alla richiesta dei conteggi di estinzione.

Quindi il rischio che ci si trovi con un ulteriore debito, ed altri finanziamenti ancora in corso, così da non poter rimborsare tutte le rate in modo puntuale o senza una sofferenza reale della propria capacità di spesa, è molto elevato. Utilizzare le cessioni del quinto per raggiungere questo tipo di risultato, per il quale tra l’altro sono stati ideati dei finanziamenti specifici, molto spesso è una pessima scelta. A maggior ragione quando si passa per questa via con l’obiettivo di ottenere anche ulteriore liquidità. Purtroppo dare un freno all’indebitamento può essere molto complicato, e in alcuni casi si arriva a situazioni che sono al limite della sostenibilità, o addirittura oltre.

I “consolidamenti” veri e propri

Un mutuo o un finanziamento di consolidamento debiti non è altri che un prestito che ha uno scopo specifico: ottenere la liquidità necessaria per rimborsare i prestiti già in essere. Normalmente la richiesta viene fatta per l’estinzione totale ma in alcuni casi la si può utilizzare anche per quella parziale. Specialmente in quest’ultimo caso si possono incontrare maggiori difficoltà, in quanto viene meno l’elemento di riorganizzazione dei pagamenti, atto a semplificare le modalità di rimborso. Questa è anche l’ipotesi in cui la banca interpellata per la concessione del finanziamento sarà meno disposta a concedere un consolidamento debiti senza garante e senza garanzie.

In senso assoluto ci si dovrà attenere alla base del funzionamento di questo tipo di prestito, rinunciando alla richiesta di ulteriore liquidità, per non rischiare di rendere la pratica più complicata.

Come fare per evitare di dover fornire garanti e garanzie accessorie?

Se una pratica non risulta particolarmente complessa, o poco chiara, o semplicemente se non denota un ulteriore aumento dell’esposizione debitoria del richiedente, a fronte di un reddito valutato e giudicato sufficiente, non ci dovrebbero essere delle brutte sorprese. Quindi la prima cosa da fare è quella di munirsi di alcuni preventivi, che siano anche utilizzabili per poter valutare la “fattibilità” più o meno semplificata della procedura. Come fare?

Si deve fare una valutazione sull’importo della rata che complessivamente si andrà a rimborsare. Se questa concentra la somma delle rate già in corso, riportando un importo leggermente inferiore, allora le difficoltà saranno poche (a meno che non ci siano altri problemi, come segnalazioni nelle Sic o banche dati analoghe). Tra l’altro le difficoltà di ottenere la somma di cui si ha bisogno, senza inserimento di garanti o garanzie, diminuisce mano a mano che si abbassa l’importo della rata calcolata.

Oltre a non richiedere ulteriore liquidità, non si dovrebbero allungare i piani di rimborso oltre una soglia accettabile. In generale maggiore è la durata di un finanziamento, maggiori sono le possibilità che il finanziato possa trovarsi in difficoltà e non rimborsare tutto l’importo dovuto. Anche in questo caso, come conseguenza diretta, si avrà la tendenza dell’Istituto di credito, ad aumentare la forza delle garanzie, nella maggioranza dei casi prediligendo quelle di tipo personale (con inserimento di altri redditi soprattutto tramite i garanti) ma se necessario anche di tipo reale (come con l’uso di immobili, pegno su titoli, ecc).

Se oltre a dover riorganizzare i pagamenti c’è anche la forzata necessità di richiedere nuova liquidità, allora ritorna la possibilità di prendere in esame la cessione del quinto magari accompagnata anche da un prestito con delega. In questo modo si avrà in più la garanzia che l’esposizione massima al debito sarà del 20% o del 40%.

Cosa fare e come scegliere al meglio?

Il finanziamento di consolidamento debiti necessita di una documentazione che non appartiene ad altre forme di prestito. Questo aspetto non deve impedire la richiesta di preventivi, che non vanno mai confusi con le procedure di “fattibilità”. In questa fase, che fa parte sempre della fase di valutazione e di scelta, bisogna comunque munirsi dei preventivi reali ed ufficiali, anche per vedere se l’importo massimo di cui abbiamo bisogno è disponibile (ed erogabile) presso la società scelta.

In più, anche se non si tratta di prodotti direttamente confrontabili (perché nascono con obiettivi differenti e funzionano anche in modo diverso), può essere utile affiancare alla ricerca di veri e propri prestiti di consolidamento debiti anche quelli di cessione del quinto. Questa ricerca preventiva permette di virare rotta con maggiore facilità e procedere, in caso di problemi, con un tipo alternativo di finanziamento che è più vicino alle proprie possibilità oppure a ciò che si vuole realmente.

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Debiti Equitalia – Cosa è realmente pignorabile?

Prima casa, stipendi e pensioni: cosa succede nel caso di debiti con Equitalia?

Nel 2017 è stato calcolato che circa 21 milioni di italiani ha debiti con Equitalia. Tolto il caso in cui il debitore ha crediti erariali e che quindi può utilizzare la compensazione con f24, negli altri casi questi debiti devono essere rimborsati. Ci sono inoltre delle situazioni più particolari che possono coinvolgere anche gli eredi del defunto debitore e i pensionati. A riguardo, in che misura per riscuotere i debiti Equitalia può agire sulla pensione, su un immobile (specialmente quando si tratta di una prima casa), e sugli eredi?

Quali sono i debiti trasmissibili agli eredi?

Un primo problema si incontra quando il debitore muore. Cosa fare? Gli eredi possono non pagare i debiti rimasti con Equitalia semplicemente effettuando la rinuncia all’eredità oppure nel caso non provvedano ad accettare l’eredità per i 10 anni successivi al decesso.

Negli altri casi saranno chiamati a pagare le cartelle esattoriali per conto del de cuius debitore. In generale tutti i debiti erariali, indipendentemente dal creditore, sono esigibili e vanno rimborsati, ma ci sono dei debiti che non sono trasmissibili agli eredi: le sanzioni. Infatti queste hanno carattere personale, sono ascrivibili al debitore direttamente, e quindi non dovrebbero ricadere sugli eredi.

Tuttavia le cartelle esattoriali arrivano corredate anche delle sanzioni ed interessi maturati. Deve essere cura degli eredi stessi chiedere lo storno di tutto ciò che non è rappresentato dal debito erariale “puro” e semplice. Si deve fare molta attenzione perché se si chiede la rateizzazione o si inizia a pagare poi non è possibile chiedere la correzione delle sanzioni successivamente.

Compensazione con F24: come fare

La compensazione tra crediti erariali (o crediti d’imposta) di qualsiasi tipo (Irpef, Irap, Iva, ecc), e quelli che si vantano nei confronti della pubblica amministrazione, contro i debiti con Equitalia può essere fatta riempiendo e presentando l’apposita modulistica.

Tale compensazione può essere anche solo parziale, ed il pagamento prevede l’uso del modello F24 “accise” per i crediti di imposta mentre la procedura è un poco più complicata nel caso della compensazione dei crediti verso la Pubblica amministrazione. Nel secondo caso è comunque possibile ricevere assistenza sia da parte di Equitalia che del personale qualificato preposto.

Pignorabilità o impignorabilità della prima casa?

Nel 2013 sono state introdotte delle novità, che hanno però causato anche una buona dose di confusione. Per capire quando la casa è pignorabile e quando non lo è bisogna fare due discorsi separati a seconda che l’importo totale dei debiti sia maggiore o minore di 20 mila euro, e a seconda che si tratti della prima casa o dell’unica abitazione.

Il limite dei 20 mila euro e dei 120 mila euro

Se il debito che si ha nei confronti di Equitalia è di importo inferiore ai 20 mila euro, Equitalia non potrà iscrivere l’ipoteca sulla prima casa. Se è di importo superiore allora potrà farlo. Tuttavia l’iscrizione di ipoteca non significa che potrà anche procedere al pignoramento dell’immobile stesso. Infatti si deve distinguere il caso in cui si tratta di una “prima casa” o del solo “immobile” di cui è proprietario il debitore. Per l’esproprio e la messa in vendita all’asta è comunque necessario che il debito superi i 120 mila euro.

Differenza tra prima casa e unico immobile di proprietà

La differenza è tutt’altro che chiara, ma va ben compresa per riuscire a sapere quando Equitalia potrà procedere all’iscrizione di ipoteca e alla vendita all’asta. Per prima cosa non si deve avere solo la “prima casa” ma è necessario che il debitore abbia la casa come unico immobile. Che cosa significa? Che non deve essere proprietario di un qualsiasi altro immobile (anche un piccolo terreno agricolo), a meno che questo non risulti come pertinenza del solo immobile di proprietà che quindi automaticamente beneficerà anche dello status di prima casa.

Tuttavia per un debito maggiore di 20 mila euro Equitalia potrà ugualmente iscrivere ipoteca a titolo di garanzia, così da evitare che altri creditori possano valersi sull’unico bene che può portare al pagamento del debito stesso. Se il debito è superiore sempre ai 20 mila euro, e il debitore ha una sola casa e un piccolo orticello, allora non solo Equitalia potrà iscrivere ipoteca ma potrà anche iniziare le procedure per il pignoramento. Qui l’unica soluzione è quella di essere proprietari solo della casa e nessun altro bene immobile.

Sono poi necessari due altri requisiti perché la normativa del 2013 possa essere applicata a tutela del debitore:

  • questi deve avere la residenza anagrafica nel Comune in cui si trova il solo immobile;
  • è necessario che dalla classe catastale la casa risulti come immobile con uso abitativo ma non di lusso.

Residenza e destinazione catastale

Per la residenza anagrafica la situazione è molto semplice: il debitore deve avere la residenza dell’immobile che a sua volta deve avere destinazione ad uso abitativo/residenziale. Attenzione: se la residenza si trova in una casa in affitto o altra sistemazione, allora il solo immobile posseduto potrà essere ugualmente espropriato (vedi anche Pignoramento immobiliare).

Pignoramento e pensione: fino a che importo?

Lo stipendio e gli emolumenti in generale possono essere pignorati in caso di debiti con Equitalia, ma devono essere rispettate delle soglie massime. Nel caso dello stipendio e della pensione la somma massima pignorabile è pari a un quinto dell’importo netto percepito, ma per le pensioni ci sono delle maggiori restrizioni. Infatti per il calcolo del quinto della pensione bisogna considerare la presenza della quota cedibile, che tiene conto dell’importo della pensione minima o sociale che non può essere aggredito.

Il 20% della pensione è la somma massima pignorabile, ma il giudice può stabilire anche soglie inferiori. Questo perché, per il pignoramento della pensione, Equitalia deve passare per la strada tradizionale e quindi notificare il provvedimento all’ente previdenziale. Solo davanti al giudice si deciderà la somma massima che quest’ultimo deciderà di accordare.

Oltre alla pensione mensile rimane la possibilità di pignoramento delle giacenze che il pensionato ha sul conto. Se questo è aperto alle poste l’aggressione potrà avvenire per un importo che al massimo potrà arrivare a tre volte la pensione minima che è stabilita per quell’anno. Se invece si tratta di altro conto sarà aggredibile al massimo il 20% della giacenza presente sul conto stesso.

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Prestiti dipendenti municipalizzate – Quali vantaggi?

Dipendenti municipalizzate: cessione del quinto o prestiti convenzionati?

Le aziende municipalizzate sono generalmente delle società di diritto privato (ma prive di una personalità giuridica autonoma), che svolgono la propria attività in un ambito specifico per conto del Comune. Si parla nella maggior parte dei casi di un ente economico di diritto pubblico che sperò svolge attività imprenditoriale.

Questa condizione molto particolare spesso crea problemi di interpretazione su quelli che sono i diritti dei dipendenti delle municipalizzate e quindi anche sui tipi di prestiti che possono ottenere.

La cessione del quinto è possibile?

Quando si ha a che fare con i dipendenti, sia del settore privato che di quello pubblico, si associa quasi subito la possibilità di accedere alla cessione del quinto dello stipendio. Sotto questo punto di vista i dipendenti delle municipalizzate vengono parificati in modo omogeneo ai dipendenti statali, para statali e pubblici. Quindi se la durata del contratto che si ha con l’azienda ha le condizioni minime necessarie per ottenere la cessione, almeno in teoria non ci dovrebbero essere problemi.

Purtroppo il condizionale è d’obbligo, visto che a conti fatti molte banche e finanziarie stabiliscono in modo molto specifico quei soggetti che potranno essere considerati finanziabili, anche in virtù delle aziende per le quali lavorano. Roma purtroppo è un esempio abbastanza esplicativo delle difficoltà che si possono incontrare a causa della scarsa solidità dell’azienda stessa per cui si lavora.

Se infatti quando si è dipendente pubblico di un ministero (o in generale di una pubblica amministrazione) l’aspetto della finanziabilità non entra in gioco, poiché non viene messo in discussione l’aspetto della “solidità” del datore di lavoro, di fronte alle aziende municipalizzate la situazione cambia.

Quindi riassumendo i dipendenti delle municipalizzate di un determinato Comune potranno vedersi rifiutata la propria richiesta di cessione del quinto dello stipendio, semplicemente perché l’azienda per cui si lavora mostra segnali evidenti, o anche solo degli accenni, di una condizione di sofferenza.

Requisiti minimi richiesti

Nonostante le aziende municipalizzate abbiano una partecipazione del “solo 40%” da parte dello Stato, enti, ecc, anche per il possesso dei requisiti minimi sono previste le stesse condizioni per lo più applicate per i dipendenti pubblici che lavorano per la pubblica amministrazione. In particolare bisogna aver maturato un’anzianità, dalla data di assunzione, che sia almeno pari a 3 mesi.

Caratteristiche e condizioni dei contratti

La durata è imposta dalla legge, quindi si va da un minimo di 24 a un massimo di 120 rate. Per i rinnovi valgono sempre i limiti imposti dalla legge, che stabilisce anche quelli relativi all’età massima del richiedente. Sia che si tratti di uomo o donna, i dipendenti non potranno superare alla scadenza del contratto i 70 anni di età. Se si ha bisogno di maggiore liquidità è possibile salire al 40% dello stipendio netto (doppio quinto) facendo richiesta di un prestito con delegazione di pagamento.

I prestiti personali: merito creditizio e contratto tipo

Se si desidera richiedere un qualsiasi prestito personale che non sia una cessione del quinto, o anche nel caso di richiesta di un prestito finalizzato per l’acquisto di un determinato bene (vedi Acquisto auto a tasso zero), se si è dei buoni pagatori (con merito creditizio positivo) e si ha un contratto con un buono stipendio e una durata sufficiente (per quelli a tempo determinato) non ci sono ostacoli che possano limitare l’accesso al credito.

Per quanto riguarda i tassi agevolati si dovrà cercare tra le convenzioni che normalmente le aziende municipalizzate direttamente, o per intervento dei comuni, sono soliti stipulare. Queste sono normalmente estese a tutti coloro che rientrano nel raggio di “dipendenza del rapporto” anche se in modo abbastanza ampio.

Prestiti agevolati: come fare?

IBL – Richiedi un preventivo gratuito

I dipendenti pubblici vantano una lunga storia di agevolazioni legate a vari tipi di servizi, e tra questi i finanziamenti hanno sempre goduto di una condizione di primo piano. Non a caso la cessione del quinto è nata per i dipendenti pubblici e per quelli privati si è dovuto attendere il 2010 perché venisse estesa anche ad essi (vedi anche Cessione del quinto dipendenti privati).

Nonostante tale estensione ai dipendenti pubblici, ancora oggi, sono destinate condizioni migliori, con importi più elevati da poter richiedere e tassi più bassi. A questo tipo di vantaggio si aggiunge quello dei prestiti Inps ex Inpdap, che tuttavia rimangono accessibili solo per quei dipendenti pubblici che abbiano maturato i requisiti di anzianità e di contribuzione al fondo delle prestazioni creditizie e sociali.

Di contro però si possono ottenere ottime condizioni “locali” se si è dipendenti delle municipalizzate, grazie alle convenzioni che le banche che lavorano nel territorio tendono a stipulare. Qui il solo problema potrebbe essere rappresentato dal mancato rinnovo di un accordo, il che costituisce un limite solo per chi deve iniziare una pratica di finanziamento ma non per quanti hanno già il contratto in tasca e i soldi sul proprio conto corrente.

Quindi prima di mettersi a guardare in giro si dovrebbe vedere che cosa è previsto, tra accordi e convenzioni, proprio per quel comune o per quell’azienda municipalizzata. Solo in seconda battuta si deve guardare a ciò che è offerto ai dipendenti “pubblici” e a quali Istituti di credito prevedono questo tipo di servizio anche a livello nazionale.

Per conoscere comunque più nel dettaglio i vantaggi collegati ai prestiti pubblicizzati come “agevolati” la cosa da fare sempre è quella di richiedere un preventivo, sia in qualità di dipendente della municipalizzata che approfitta di un determinato accordo che sembrerebbe vantaggioso, che in qualità di dipendente che non beneficia di alcuna agevolazione al pari di qualsiasi altro potenziale finanziato. Da un semplice confronto, numeri alla mano, sarà estremamente agevole poter determinare il tipo e la concretezza dei vantaggi che spetterebbero.

E’ comunque consigliato cercare anche tra i prestiti online, procedendo con semplici e rapide richieste di preventivi sul web, molti dei quali vengono comunicati con esito immediato. Questo permette di avere subitaneamente una panoramica completa ed anche un piano di riserva nel caso in cui la banca o finanziaria “convenzionata” dovessero rifiutare la richiesta di cessione visto e considerato che quando il numero di dipendenti finanziato è molto elevato difficilmente si accetteranno altri soggetti da finanziare. La soluzione è così molto semplice: o si agisce tempestivamente oppure si guarda altrove.

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Cessione del quinto insegnanti – Quali alternative per i precari?

Cessione del quinto insegnanti – Meglio Inps o convenzionati?

I dipendenti statali possono usufruire di canali preferenziali (in alcuni casi quasi esclusivi) per accedere al credito. Tra i lavoratori impiegati nel settore pubblico troviamo gli insegnanti, i quali possono avere accesso anche ai prestiti Inpdap. Purtroppo un’ampia fetta di insegnanti, essendo precari, non trovano la stessa varietà di alternative di scelta di chi è di ruolo, ma in generale si può affermare che la tipologia di finanziamenti, soprattutto nell’ambito di quelli personali, è completa e esaustiva.

In particolare a farsi notare sono le tipologie che vengono rimborsate come cessione del quinto insegnanti, trattandosi di casi in cui confluiscono sia il piccolo prestito Inpdap, che i prestiti pluriennali diretti o garantiti sempre dall’Inps ex gestione Inpdap, e la normale cessione del quinto. Tutte queste tipologie a loro volta sono disponibili sia per chi è ancora in attività lavorativa che per i pensionati.

Tra le principali differenze troviamo soprattutto le condizioni economiche applicate e le modalità di presentazione delle domande di prestito.

I prestiti Inpdap: dal piccolo prestito a quelli pluriennali

Non tutti gli insegnanti possono fare richiesta del piccolo prestito e dei prestiti pluriennali (il che vale sia per quelli diretti che per quelli garantiti). Questa restrizione è imposta dai requisiti minimi che bisogna aver raggiunto, che sono principalmente legati all’anzianità maturata dal momento dell’iscrizione della Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali. Tra l’altro quando si sta per andare in pensione bisogna anche decidere se iscriversi come pensionato oppure se non farlo, ma l’iscrizione è e rimane obbligatoria, tanto per il piccolo prestito che per quelli pluriennali garantiti e non.

Ad esempio per quelli pluriennali è prevista un’anzianità minima di contribuzione di almeno 4 anni al fondo stesso. Il vantaggio è che raggiungendo l’anzianità di versamenti minima prevista si potrà farne richiesta anche se si ha un contratto a tempo determinato. I precari devono avere invece almeno un contratto di 3 anni. In alcune circostanze ben specifiche e determinate i tempi di iscrizione e/o versamento si dimezzano.

Per quanto riguarda questa tipologia di prestito bisogna considerare altri due aspetti che sono: la disponibilità finanziaria del Fondo stanziato per gli iscritti e le modalità di richiesta del finanziamento stesso. Prima di vedere questi due aspetti, e l’impatto che hanno sulle richieste, si deve tener presente che indipendentemente dal tipo di finanziamento scelto (piccolo prestito, prestiti pluriennali garantiti e prestiti pluriennali diretti) il rimborso verrà effettuato mensilmente, per un importo che sarà al massimo pari al 20% dello stipendio netto mensile, con trattenuta a monte. Quindi il pagamento delle rate avviene in modo automatico, senza ulteriori incombenze per i finanziati.

Modalità di richiesta prestiti Inpdap

Tra le tre tipologie di prestiti Inps ex Inpdap, troviamo differenze più o meno marcate, proprio nell’iter di richiesta. In particolare i prestiti erogati direttamente privilegiano in via esclusiva l’invio telematico. Per quanto riguarda il piccolo prestito, ad esempio, è sufficiente avere le credenziali ed il Pin dispositivo da utilizzare sul sito di NoiPa. Qui, una volta fatto il login si dovrà entrare nell’area personale, quindi nella zona self service, per poi entrare nella sezione dei prestiti. Essendo qui riportati tutti i dati dell’iscritto, non si dovrà fare altro che specificare la durata del finanziamento che si desidera fare (si può usare un tool di simulazione per avere le idee più chiare sul rapporto tra le rate da rimborsare e la somma massima che può essere ottenuta), e quindi inviare la richiesta con un semplice click.

Per i prestiti pluriennali diretti c’è sempre l’uso del sistema telematico, ma è l’amministrazione che inoltra la documentazione per conto del proprio dipendente iscritto alla Gestione Unitaria, allegando la documentazione che giustifica la motivazione per cui si richiede la liquidità. Poi personalmente si deve selezionare, all’interno dell’area personale presente sul sito dell’Inps, la richiesta dei prestiti pluriennali garantiti. Anche in questo caso si può operare una simulazione sfruttando il tool presente sul sito dell’Inps. Questo è accessibile senza necessità di fare il login.

Per i prestiti pluriennali garantiti, ci si deve rivolgere sempre alla propria amministrazione, la quale in via telematica invia la richiesta alla banca che il proprio dipendente ha scelto. Arriverà poi la risposta della banca sulla procedibilità della richiesta e sulle condizioni applicate, che dovranno passare al vaglio dell’Inps perché dia il proprio parere sulla possibilità di offrire (o meno) garanzia per permettere il perfezionamento della richiesta di finanziamento.

Cessioni del quinto per dipendenti pubblici e privati

Così come accade per i dipendenti pubblici, rimane sempre viva la possibilità di poter scegliere una cessione del quinto convenzionata con i lavoratori impiegati nel settore della pubblica amministrazione. Senza particolari limitazioni, si potrà ottenere la somma di cui si ha bisogno, a condizioni economiche più agevolate rispetto a quelle che vengono applicate ai dipendenti del settore privato e agli stessi pensionati.

Queste agevolazioni sono spesso frutto di specifiche convenzioni stipulate con ministeri e in generale con la PA, ma possono anche essere determinate dal minor rischio che una banca (o finanziaria) corre nel finanziare con la cessione del quinto gli insegnanti al pari di tutti i dipendenti pubblici.

Quindi quando si ha possibilità di scelta sarebbe meglio mettere in coda alle varie alternative la normale cessione del quinto destinata ai dipendenti del settore privato. Questa tuttavia è la sola via percorribile per le cessioni del quinto degli insegnanti delle scuole private. In questi casi si può vedere se la scuola da cui si dipende abbia in corso degli accordi specifici volti a migliorare le condizioni economiche applicate.

Conclusioni

Davanti a poca possibilità di scelta è molto difficile sbagliare, mentre quando si hanno tante opzioni il rischio di compiere la scelta meno adatta è molto più elevato. Per fare le proprie considerazioni in particolare bisogna considerare il fatto che c’è sempre una quota assicurativa applicata, e che solo nel caso di Banche e finanziarie si ha la possibilità di non doversene fare carico, grazie all’offerta del pagamento delle varie quote mensili da parte dello stesso Istituto finanziatore.

Infine qualsiasi sia la scelta che si sta vagliando, bisogna sempre sfruttare pienamente le potenzialità dei preventivi, per due ragioni: non è detto che si rientrerà con certezza nell’erogazione del piccolo prestito o dei prestiti pluriennali, poiché può accadere che il plafond stanziato non sia sufficiente a coprire tutte le richieste; inoltre non è da dare per scontato che la presenza della quota da destinare al fondo rischi non renda il finanziamento comunque conveniente anche quando si tratta di quelli più agevolati.

Approfondimento: Prestiti personali per insegnanti.

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Cessione del quinto dipendenti cooperative – Quando è possibile?

Cessione del quinto dipendenti cooperative: quali differenze con i dipendenti privati?

La cessione del quinto per i dipendenti delle cooperative può rappresentare un’ulteriore via di accesso al mondo dei finanziamenti, ma non si tratta di una possibilità che si può dare per scontata. In particolare i dipendenti di una società cooperativa, a differenza di quanto accade per i dipendenti di società spa e della maggioranza delle srl, possono tentare questa strada, ma pur essendo in possesso di tutti i requisiti necessari, si possono ritrovare con la richiesta rifiutata. La ragione è dettata soprattutto dal fatto che molte banche e finanziarie ritengono una società cooperativa eccessivamente rischiosa nel caso della cessione del quinto (vedi anche Come rinnovare la cessione in corso).

Perché si hanno difficoltà con le cessioni?

Quando un dipendente ottiene la cessione del quinto, sarà compito del datore di lavoro effettuare il rimborso delle rate ogni mese. Ma ovviamente come base per il funzionamento di questo meccanismo è necessario che il datore di lavoro sia considerato economicamente solido e forte. Nelle cooperative la formula particolare utilizzata, che vede i dipendenti nella veste anche di soci, può causare dei problemi aggiuntivi, oltre al fatto che tranne nel caso delle cooperative molto grandi, generalmente non si può parlare di strutture molto forti dal punto di vista patrimoniale.

A questo aspetto si aggiungono anche gli ambiti in cui le cooperative normalmente operano, spesso con carattere sociale, per offrire servizi che sono considerati in generale ‘poco graditi’ da chi deve scegliere se concedere o meno la cessione del quinto (come ad esempio il settore turismo, pulizie, ecc). Quindi, anche se da una parte si supera il problema della valutazione della solidità reddituale del richiedente e della valutazione del merito creditizio, si passa al fatto che il datore di lavoro deve essere considerato un partner affidabile nelle fasi di rimborso delle varie rate.

Ma le difficoltà non finiscono qui perché c’è anche la questione dell’assicurazione. E’ sbagliato pensare che sia solo la banca a dare il proprio via libera alla finanziabilità con cessione del quinto dei dipendenti di cooperative: bisogna considerare anche l’apertura o le reticenze che potrebbero avere le compagnie di assicurazione che devono essere obbligatoriamente interpellate. In molti casi, nemmeno la determinazione di un premio assicurativo più elevato viene considerato in modo favorevole dall’assicurazione, poiché il rischio viene considerato comunque eccessivo.

Quindi i limiti che si possono incontrare nelle richieste di cessione del quinto da parte di dipendenti delle cooperative non sono dettati da restrizioni o interpretazioni della norma che ha esteso la possibilità di accesso a questa forma di prestito personale anche ai dipendenti del settore privato. I limiti e le cause di esclusione sono legate esclusivamente alle valutazioni che gli Istituti di credito interpellati effettuano. Queste considerazioni sono legittime e si basano sul diritto che un finanziatore ha di tutelarsi nel miglior modo possibile (o che ritiene opportuno). Questo stesso discorso varrà anche per la compagnia di assicurazione. A riguardo si potrebbe pensare che cambiando compagnia assicurativa l’ostacolo potrebbe essere superato, ma è molto difficile che una situazione considerata rischiosa per la società A venga considerata assicurabile dalla compagnia B: generalmente vengono usati dei parametri molto comuni, che possono volgere in positivo o in negativo solo situazioni che riportano delle minime differenze. Se però ci sono delle demarcazioni più nette allora l’esito sarà praticamente lo stesso.

Come fare per sapere se le cessioni possono essere ottenute?

Difficilmente le grandi banche hanno prodotti dedicati ai soci di società cooperative. E’ più probabile trovare delle finanziarie che siano disposte a vagliare una richiesta di cessione del quinto. Normalmente si tratta di una situazione che però esclude le cooperative con un basso numero di soci, il che crea un’altra distinzione netta tra i dipendenti di società spa e srl e quelli di cooperative, visto che per le prime due normalmente è accettato un numero minimo di dipendenti che sia pari ad almeno 16 addetti. Nel caso delle cooperative anche ‘50 soci lavoratori’ è normalmente considerato un numero esiguo.

Per sapere se un’offerta di cessione è appetibile e allo stesso tempo fattibile bisogna informarsi subito se è prevista la possibilità di accesso anche alle cooperative. Per avere delle informazioni più certe è meglio far fare un preventivo e parlare direttamente con un consulente preposto ad istruire la pratica, piuttosto che fermarsi solo alle informazioni del numero verde che hanno carattere troppo generico (e possono non entrare nel merito delle potenzialità di una richiesta concreta).

Quindi, vista la comodità del web per fare le proprie ricerche e per conoscere più approfonditamente le possibilità che si hanno, si possono fare due passaggi. Un primo passo, di tipo conoscitivo a livello più generale, può passare per le vie di contatto altrettanto generiche come i form interni ai siti, i forum o il numero verde. Il secondo passaggio invece dovrebbe portare ad uno step successivo, di personalizzazione della questione e della richiesta, il che può passare tramite contatto telefonico con un consulente preposto o mediatore, oppure recandosi in agenzia o in filiale di banca, se la prima serie di informazioni è stata esaustiva e abbastanza positiva.

Caratteristiche dei preventivi

I preventivi oggi devono essere rilasciati in forma scritta standardizzata. Ciò vale anche in caso di richiesta on line. Se sul sito di una banca non è specificato che è prevista la cessione del quinto di dipendenti di cooperative, non bisogna scoraggiarsi e rinunciare alla richiesta del preventivo stesso. Si tratta infatti di un’operazione che non costa nulla, non impegna in alcun modo, ma che permette di avere una base con dati certi e personalizzati da cui partire per vedere poi se tale richiesta sarà di fatto procedibile oppure no.

In questa fase si possono raggiungere anche delle informazioni confortanti dal punto di vista della fattibilità della richiesta, ma visto che non si hanno garanzie totali, almeno fino a quando non viene staccato l’assegno (perché possono subentrare altre cause di rifiuto come ad esempio numero elevato di soci che ha già una cessione del quinto in corso), è buona norma informarsi presso altre finanziarie e banche per avere una sorta di piano di riserva.

Quali sono i requisiti specifici?

In pratica non ci sono delle limitazioni specifiche, per cui i requisiti minimi, che andiamo a riassumere di seguito, sono gli stessi previsti per una cessione del quinto dello stipendio. Dal punto di vista soggettivo e personale si dovrà essere maggiorenni e residenti in Italia. Bisogna non aver superato il limite di età per il pensionamento.

Dal punto di vista oggettivo e reddituale sono richiesti il possesso di contratti di lavoro da dipendente a tempo indeterminato (in alcuni casi è accettato anche a tempo determinato), aver maturato anzianità sul posto di lavoro complessivamente di almeno 6 mesi, ed avere un Tfr che possa garantire la somma finanziata.

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Prestiti per insegnanti – Guida alle agevolazioni

Prestiti per insegnanti – I vantaggi della cessione del quinto

Se lavori come insegnante puoi ottenere in maniera facile e in breve tempo il prestito che ti occorre per realizzare ad esempio un viaggio o una spesa imprevista per casa o per la tua famiglia.

Ci riferiamo a cifre che vanno da un minimo di €5.000 fino ad un massimo di €80.000.

La categoria essendo stipendiata dal Ministero della Pubblica Istruzione ha quindi un grado di finanziabilità elevato e per questo motivo è possibile scegliere tra più tipologie di prestiti e più precisamente:

  • prestiti personali
  • prestiti con cessione del quinto
  • prestiti con delega
  • prestiti Inps – ex Inpdap che include a sua volta altre 4 sottocategorie

Procediamo però per ordine andando ad analizzare le caratteristiche principali di ciascun finanziamento.

Prestiti personali

Se si ha bisogno di una certa somma ricorrere alla classica richiesta del prestito personale è sempre una strada veloce e abbastanza sicura. L’insegnante risulta comunque una categoria affidabile e se non ci sono problemi con segnalazioni per mancati pagamenti, non si dovrebbero avere particolari difficoltà nell’ottenimento del prestito.

Cessione del quinto

Di questa categoria ne parlo con particolare enfasi avendo sposato una prof, che da due anni non è più precaria, ha infatti ricevuto la tanto agognata cattedra di ruolo! Dovendo programmare tre spese importanti fra cui un progetto extrascolastico e un viaggio di un mese a Londra ha chiesto un prestito attraverso la cessione del quinto del suo stipendio. Ci siamo rivolti alla nostra banca di fiducia e dopo aver presentato tre documenti fra cui quella più importante era la busta paga ministeriale abbiamo ricevuto in pochissimo tempo sul conto l’accredito della somma richiesta!

Senza alcun dubbio, la cessione del quinto rappresenta quindi uno dei prodotti più importanti e sfruttati oggi dagli insegnanti. Infatti con la cessione del quinto viene valutato non il profilo personale del richiedente (quindi ad esempio se ha prestiti personali in corso anche non pagati), ma viene valutato il grado di solvibilità del datore di lavoro. In particolare gli insegnanti, anche con contratto con rinnovo annuale, fanno riferimento al Miur e pertanto non hanno nessun tipo di problema, nè per ciò che concerne la cessione del quinto nè per il prestito con delega.

Tra i documenti che la banca o finanziaria richiederanno per la concessione del prestito con cessione, la busta paga ministeriale rappresenta probabilmente il più importante. Questa tipologia di prestito ha una durata che va dai 24 ai 120 mesi.

Questo strumento finanziario è reso particolarmente interessante grazie ad un tasso d’interesse agevolato. E’ bene specificare che la somma massima erogabile dalla banca è ovviamente condizionata dall’ammontare dello stipendio dell’insegnante.

Attenzione! Anche i docenti protestati e considerati dunque cattivi pagatori, possono accedere alla cessione del quinto per insegnanti, dato che le verifiche fiscali sul richiedente non vengono effettuate.

Il prestito con delega

La figura del docente può valutare anche l’opzione del prestito con delega. In che modo? L’insegnante ricordiamo è un dipendente ministeriale e per avviare la pratica del prestito con delega deve dunque in questo caso rivolgersi al Ministero della Pubblica Istruzione che stipula una convenzione fra l’Amministrazione Pubblica e l’istituto di credito scelto per il prestito. Questo finanziamento ha le stesse caratteristiche della cessione e prevede dunque il rimborso del prestito tramite un’altra trattenuta sulla busta paga mensile.

L’aspetto significativo è che questo particolare finanziamento è cumulabile con la normale cessione del quinto e quindi è come se si avesse una doppia cessione del quinto dello stipendio.

Inoltre appartiene alla categoria dei finanziamenti non finalizzati e, perciò, in sede contrattuale, il docente non dovrà indicare la causa o lo scopo per cui sta richiedendo il prestito, né dovrà dimostrare le spese sostenute. Anche in questo caso cattivi pagatori o protestati potranno ottenere il prestito.

Prestiti ex Inpdap

Come già noto dal 1° gennaio 2012 l’ente Inpdap è stato accorpato dall’Inps. Quando si parla di prestiti Inpdap Insegnanti si possono inquadrare 3 soluzioni diverse:

Si tratta in tutti e 3 i casi, di prestiti rimborsati attraverso la cessione del quinto, ciò significa che l’importo di ciascuna rata non potrà superare un quinto dello stipendio del docente.

Piccolo prestito. E’ riservato agli iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e permette al docente di effettuare la richiesta di un piccola cifra all’Inps e di ricevere l’accredito dell’importo sul proprio conto corrente, con la conseguente applicazione della trattenuta sul cedolino di stipendio. Non è richiesta alcuna documentazione di spesa e può essere rimborsato in minimo un anno fino ad un massimo di quattro anni. Il tasso TAN è del 4,50% fisso per tutta la durata del finanziamento e le spese amministrative corrispondono allo 0,50% della cifra concessa.

Prestito pluriennale diretto. Sono prestiti che possono essere richiesti solo da coloro che sono iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell’Inps, per coprire spese improvvise legate alla salute, alla ristrutturazione dell’abitazione, al matrimonio del docente o di un suo familiare. Ciò che è fondamentale in questo caso è che le somme di denaro richieste dovranno essere documentate.

Le somme è bene precisare vengono erogate dall’INPS stesso attraverso il “fondo credito” e solo se c’è copertura.

Tre i requisiti fondamentali:

  1. 4 anni di contributi versati nella Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali
  2. 4 anni di anzianità di servizio utile alla pensione
  3. un contratto a tempo indeterminato.

Cambia la durata per i prestiti in questione che possono essere rimborsati in 5 o 10 anni prevedendo un tasso TAN fisso per tutta la durata del prestito pari al 3,50%.

Prestito pluriennale garantito. E’ molto simile al prestito pluriennale diretto infatti anche in questo caso la durata può essere di 60 mesi o 120 mesi solo che il finanziamento viene erogato solo da istituti di credito o società finanziarie convenzionate con l’ente previdenziale quindi con l’INPS che in questo caso fa solo da garante, sempre tramite il suo Fondo Credito.

Durata
TAN
Importi Massimi
Piccolo prestito
da 1 anno a 4 anni
4,50%
fino a 8 mensilità
Prestiti pluriennali garantiti
5/10 anni
3,50%
fino a €30.000

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Prestito con pensione di invalidità – I casi finanziabili

Guida alla richiesta di un prestito con pensione di invalidità

Per cittadino invalido si ritiene qualsiasi cittadino che subisca una menomazione a livello sia fisico che mentale e che si trovi quindi in una situazione di svantaggio psicofisico.

Ma la loro situazione sfavorevole si ripercuote anche dal punto di vista economico come ad esempio nella possibilità di accedere a forme di prestito?
Facciamo chiarezza. Nell’ordinamento Italiano abbiamo 4 tipologie di invalidi classificati secondo la causa invalidante:

  • Invalidi civili (Legge 66/62; Legge 381/70; Legge 382/70; Legge 118/71).
  • Invalidi di guerra (D.P.R. 915/78).
  • Invalidi per servizio (D.P.R. 915/78).
  • Invalidi del lavoro (D.P.R. 1124/64).

E secondo quanto sancito proprio dall’art. 38 della Costituzione Italiana queste categorie di cittadini hanno diritto al supporto economico e assistenziale, percependo una pensione nei modi e nelle misure previste dall’ordinamento legislativo.

Invalidità civile

Per avere il riconoscimento di invalidità civile bisogna riscontrare una minorazione, detta anche infermità fisica, psichica o sensoriale, che quindi reca un danno funzionale, cioè la perdita o la limitazione a svolgere un’attività non più normalmente, ma con ovvie e gravi difficoltà. Queste difficoltà devono corrispondere ad una riduzione della capacità lavorativa superiore a 1/3.

Invalidità di guerra

Si definisce invalido di guerra secondo il D.P.R. 915/78 il cittadino sia militare che civile che lavorando per lo Stato abbia subito menomazioni di qualunque genere per cause belliche come lo scoppio di un ordigno.

Lo Stato Italiano risarcisce questa categoria di cittadini attraverso l’erogazione di un trattamento definito appunto pensione di guerra che può essere erogata sia direttamente alla persona che ai familiari qualora la persona sia deceduta o se la persona la percepiva prima di morire (reversibilità) .

Invalidità di servizio

Sono definiti invalidi per servizio, secondo il D.P.R. 915/78, tutti i dipendenti pubblici che a causa di una malattia o di un infortunio, dovuto sempre al lavoro prestato, sono rimasti invalidi. Tale invalidità deve essere accertata presso la Commissione Medica Periferica.

Invalidità lavorativa

Il D.P.R. 1124764 sancisce che possono considerarsi invalidi di lavoro tutti quei dipendenti di aziende private che a seguito di una malattia o infortunio derivante dall’attività svolta subiscono un’invalidità superiore al 20%. Questo riconoscimento deve essere effettuato dall’INAIL della provincia in cui si è verificato l’infortunio.

Inabilità lavorativa

Differente è il caso della inabilità lavorativa che invece prevede un’infermità o una patologia che causi l’impossibilità permanente a svolgere qualsiasi lavoro.

Ma i pensionati invalidi possono richiedere un prestito?

Partiamo dal presupposto che la figura del pensionato INPS (o altro ente) che percepisce mensilmente la sua pensione di anzianità è considerata da banche e finanziarie una figura top. Ma chi percepisce la pensione di invalidità sono trattati dagli Istituti di Credito allo stesso modo?

Le pensioni di invalidità sono rappresentate nella maggior parte dei casi da sussidi cioè da cifre non particolarmente alte legate all’andamento non sempre certo di un determinato infortunio/malattia ed ecco perché andiamo ad analizzare per quali categorie di invalidi esiste la possibilità concreta di chiedere un prestito.

Confronto probabilità di erogazione tra prestito personale e Cessione del quinto – con pensione

Tipologia di pensione
Probabilità erogazione Prestito personale
Probabilità erogazione del prestito con Cessione del quinto
Pensione di anzianità
Alta
Alta
Pensione con invalidità di guerra/reversibilità
Media
Alta
Pensione con invalidità di servizio
Molto Bassa
Alta
Pensione con invalidità lavorativa
Bassa
Alta
Pensione con inabilità lavorativa
Bassa
Alta
Pensione invalidità civile
Molto Bassa
Bassa
Assegno/pensione sociale
NO
NO

Quindi da quello che si evince in tabella non tutte le categorie di pensione possono essere finanziate tramite un prestito personale. Per quanto riguarda poi la pensione di invalidità l’unica soluzione realmente fattibile è quella del prestito con cessione del quinto che però viene concessa in base alla tipologia di invalidità attribuita al richiedente.

Ad esempio, come mostrato in tabella una categoria di pensione non finanziabile con cessione del quinto è l’Invalidità civile, oppure i casi degli assegni o le pensioni sociali.
Tra le categorie finanziabili, invece, troviamo la pensione degli invalidi di guerra e quindi anche quella dei familiari detta reversibilità e anche la categoria dei pensionati con invalidità /inabilità lavorativa.

Come richiedere la cessione

Se si ha una pensione di invalidità, occorre fornire come in un normale prestito i documenti attestanti le entrate, tutti i documenti e certificati medici più un modulo che fornisce direttamente la banca o finanziaria che attesta le varie patologie del richiedente.

Essendoci delle probabilità di decesso da parte del richiedente – a volte alte, a volte minime – c’è da sottolineare che questo tipo di finanziamento viene tutelato obbligatoriamente da una polizza vita assicurativa del richiedente. Infatti il modulo compilato dal medico (vedi Prestiti Enpam) viene dopo valutato proprio dalla compagnia assicurativa che decide se accordare o meno la copertura per la cessione del quinto e poi di conseguenza l’istituto di credito accetta o rifiuta la richiesta.

Quando non viene erogata?

Ecco i casi in cui la Banca generalmente non eroga il prestito con cessione del quinto anche se garantito dalla pensione di invalidità stessa:

  • malattia troppo grave e probabilità elevata di decesso;
  • pensione di invalidità troppo bassa per riuscire a coprire le rate;
  • pensione di invalidità incerta – nel senso che può essere revocata da un momento all’altro – in base ad esempio ad una guarigione – o a un netto miglioramento dall’infortunio o malattia preesistente

Approfondimento: Cessione del quinto rifutata.

Conclusioni

Come abbiamo analizzato non sempre la Banca accoglie positivamente la richiesta di prestito con pensione di invalidità. Bisogna infatti considerare anche il fatto che in molti casi la pensione di invalidità non è sempre aggredibile in caso di inadempienza, ciò significa che l’istituto di credito non può rifarsi su di essa nel caso in cui il richiedente smettesse di rimborsare il finanziamento.

In conclusione, l’erogazione di un prestito per i titolari di pensione di invalidità, viene valutata caso per caso, questo perchè ovviamente la Banca vuole essere sicura che si riesca a rimborsare la somma prestata ma la soluzione ottimale rimane per la maggior parte dei casi la richiesta attraverso cessione del quinto.

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Cessione del quinto dipendenti pubblici – Preventivo gratis

Cessione del quinto dipendenti pubblici: come funziona e quali sono i vantaggi

La cessione del quinto dipendenti pubblici è una particolare forma di finanziamento dedicata appunto a quei lavoratori che fanno riferimento all’ INPDAP, Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti Amministrazione Pubblica. Ovvero la compagine assistenziale che ha il compito di gestire le pensioni e le indennità di tutti i dipendenti dello Stato, delle Regioni e delle amministrazioni locali.

È importante segnalare che tecnicamente l’INPDAP è stato soppresso nel 2011 con il Decreto Salva Italia e le funzioni svolte sono state trasferite all’INPS, anche se nei fatti ancora l’ex-Inpdap continua a svolgere buona parte delle attività originarie, tra cui appunto la concessione di prestiti particolarmente agevolati, regolati da normativa.

Prestiti Pluriennali Diretti: requisiti e caratteristiche

Vengono definiti Prestiti Pluriennali Diretti quei finanziamenti erogati direttamente dall’INPS ex-INPDAP grazie al Fondo di Credito, regolarmente finanziato dai regolari versamenti da parte dei dipendenti e dei pensionati iscritti.

Vediamo insieme quali sono i requisiti necessari per potervi avere accesso e le caratteristiche principali di questi prestiti:

  • sono prestiti finalizzati che vengono erogati per soddisfare una specifica spesa che deve essere prevista dal Titolo II del Regolamento ed opportunamente documentata o autocertificata;
  • possono farne richiesta gli iscritti che abbiano 4 anni di anzianità utili per ottenere il trattamento pensionistico, 4 anni di versamento contributivo ed un contratto a tempo indeterminato (i lavoratori a tempo determinato possono fare richiesta per una durata pari alla durata del contratto in essere);
  • i prestiti vengono erogati sotto forma di cessione del quinto;
  • il tasso d’interesse previsto è fisso ed è del 3,50%, a cui vanno però aggiunti uno 0,50% per le spese amministrative ed un’aliquota percentuale relativa al Fondo Rischi, tassi, questi ultimi, molto variabili a seconda dell’età del richiedente e della durata del finanziamento;
  • l’erogazione del finanziamento è subordinata alla disponibilità presente nel Fondo di Credito;
  • sono disponibili apposite tabelle che permettono di calcolare l’importo lordo e quello netto in base alla normativa vigente.

Prestiti Pluriennali Garantiti: requisiti e come funziona la richiesta

In questo caso ci troviamo invece di fronte a finanziamenti che vengono concessi da istituti di credito e società finanziarie convenzionati con l’INPS che si pone come garante , tramite il Fondo di Credito.

Di seguito le caratteristiche principali deiPrestiti Pluriennali Garantiti, i requisiti necessari per la richiesta e la modalità di presentazione della domanda:

  • la garanzia da parte dell’INPS di estinguere il debito in vece del titolare è garantita in caso di morte di quest’ultimo, in caso di cessazione del contratto di lavoro senza opportuno ri-collocamento o pensionamento o in caso di riduzione dello stipendio che impedisca il regolare pagamento;
  • possono fare richiesta tutti i dipendenti pubblici in servizio da almeno 4 anni;
  • possono essere di durata quinquennale o decennale (eventualmente da commisurare con gli anni di servizio rimanenti prima dell’entrata in pensione del richiedente);
  • anche questi finanziamenti vengono erogati sotto forma di cessione del quinto;
  • il tasso di interesse varia a seconda dell’istituto erogante a cui ci si riferisce; i tassi fissi da aggiungere sono: 0,50% per spese di amministrazione, 1,5%, per i prestiti quinquennali, o 3%, per i prestiti decennali, per il rischio insolvenza;
  • è obbligatorio allegare alla domanda, il cui modulo è reperibile presso le sedi degli istituti convenzionati, un certificato medico di sana e robusta costituzione;
  • dopo aver valutato la regolarità della domanda, l’INPS decide se erogare o meno la prestazione.

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Fido WeBank – Gli interessi sono davvero bassi?

Fido bancario WeBank – Quanto costa andare in rosso sul conto corerente

Sappiamo bene ormai come tutti gli istituti bancari e le finanziarie si prodighino ogni giorno con proposte e prodotti innovativi per attrarre sempre nuovi clienti. Da prestiti sempre più flessibili a conti correnti smart. Esiste però anche un altro strumento a disposizione delle banche per venire incontro alla clientela: il fido bancario. Scopriamo allora le caratteristiche di un fido Webank (la banca online che fa capo a Banca Popolare di Milano) e quanto esso convenga alla clientela.

Differenza tra fido e prestito e condizioni del fido Webank

Cominciamo col dire che un fido consiste in una somma di denaro che viene messa a disposizione dalla banca ad un proprio correntista (cittadino privato o impresa) quando quest’ultimo è in rosso! Per essere più chiari il fido rappresenta la somma massima che può essere usata da un correntista al di là della propria disponibilità sul conto corrente: ad esempio se ho un fido di 2000 euro e il saldo del conto è di 500 euro, io potrei usare la liquidità sul conto corrente per un totale di 2500 euro.

La differenza fondamentale tra il fido e il prestito consiste nel fatto che nel fido gli interessi si pagano solo sulle somme usate, e per il periodo di loro utilizzo. A queste vanno aggiunte alcune altre voci di “spesa” legate alla messa a disposizione del fido stesso. Successivamente prelievi e pagamenti possono essere gestiti liberamente, sempre nei limiti di quell’importo.

Nel caso di Webank si parla di un massimo del doppio del netto dello stipendio accreditato, fino a 5.000 euro. In più non si paga assolutamente nulla per commissioni di disponibilità fondi, così per le spese di istruttoria e di rinnovo del fido. Per quanto riguarda i tassi di interesse applicati: il Tan è al 4,5%, mentre il Taeg si porta a 4,94%. La richiesta di apertura e la concessione del fido Webank, poi, restano sempre gratuite. Per poter richiedere la concessione del Fido non bisogna andare in una filiale BPM ma il tutto si gestisce online dall’area personale del proprio conto corrente, sempre rigorosamente a distanza, grazie all’impiego della firma digitale.

Requisiti e durata del fido

Per usufruire di un fido Webank occorrono determinati requisiti. Il principale è quello di essere titolari di un Conto Webank attivo da almeno 6 mesi. Occorre poi avere disposto l’accredito continuativo dello stipendio da almeno 3 mesi.

Per quanto riguarda la durata, poi, bisogna sapere che il fido resta valido fino a quando viene mantenuto l’accredito dello stipendio. Volendo fare un esempio pratico: se si richiede un fido per tre mesi e si usufruisce di una somma di circa 1.500 euro al mese la somma da pagare sarà pari a 16,88 euro.

Per altre informazioni più dettagliate si potrà consultare il sito web di Webank www.webank.it oppure telefonare al numero verde 800.148.149 dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 21.00 ed il sabato dalle 9.00 alle 17.00.

Altri approfondimenti: Recensione ed opinioni carta di credito WeBank.

Prodotti Webank

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Rimborso cessione del quinto – Chi ne ha diritto e come ottenerlo

Come chiedere il rimborso della cessione del quinto

Avete mai sentito parlare del rimborso cessione del quinto? Sapete di cosa si tratta? Chi può richiederlo? Molte sono le domande e poche le risposte e questo articolo mira a dare le informazioni necessarie per comprendere se anche voi ne avete diritto.

Sono infatti molti i consumatori che hanno richiesto l’estinzione anticipata o la rinegoziazione di un finanziamento erogato secondo questa particolare procedura, essendo un tipo di prestito molto apprezzato dalle banche per le garanzie che offre. Molto probabilmente però molti di loro non sono a conoscenza che potrebbero aver maturato il diritto di richiedere il rimborso della cessione del quinto, o meglio di quei costi che vengono aggiunti nel conteggio estintivo anche se ciò non dovrebbe accadere.

Cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando.

Cessione del quinto ed estinzione anticipata

Ricordiamo velocemente cosa sono le cessioni è perché sono prestiti molto richiesti e concessi facilmente dalle banche e dalle finanziarie.

Prima di tutto va detto che sono dedicati esclusivamente a chi ha una busta paga (se cessione dello stipendio), relativa ad un contratto a tempo indeterminato o un cedolino della pensione, in quanto proprio questi due documenti rappresentano la garanzia che tutela la banca ed evita al cliente di dover fornire garanzie accessorie, reddituali e/o personali.

La rata dovuta viene infatti trattenuta direttamente dal datore di lavoro il quale si impegna a versarla all’ente erogante, ponendosi quindi come intermediario e garante del debito.

Per legge è possibile chiedere l’estinzione anticipata o la rinegoziazione di una cessione del quinto in qualsiasi momento versando alla lista tutto di credito il capitale residuo e l’eventuale penale di estinzione, se prevista dal contratto e mai comunque superiore all’1%.

Quali sono le spese che devono essere rimborsate

Delle spese che sono state sostenute dal cliente in fase di stipula ve ne sono alcune che non possono essere rimborsate ed altre invece che per legge dovrebbero essere restituite ma che spesso non vengono inserite nel conteggio estintivo presentato dalla banca o dalla finanziaria.

Nella prima categoria troviamo le spese di istruttoria della pratica, che in effetti è stata istruita, e le imposte di bollo, che sono dei tributi fiscali dovuti; nella seconda categoria invece rientrano quelle spese che sono soggette a maturazione nel tempo, come l’assicurazione sulla vita, almeno per la parte di premio non goduta, le commissioni bancarie, le commissioni finanziarie e le spese definite “accessorie”, voci di spesa che su un prestito di 20.000,00 euro possono ammontare anche a 3.000/4.000 euro.

Purtroppo molto spesso l’istituto di credito non restituisce spontaneamente quanto dovuto e mette il cliente nella posizione di dover richiedere il rimborso cessione del quinto.

Vedi anche Come si può rinnovare la cessione del quinto.

Come chiedere

Se si vuole ottenere il congruo rimborso della cessione del quinto bisogna dunque procedere nel seguente modo:

  • calcolare, o farsi calcolare da agenzie preposte, quanto deve essere restituito;
  • inoltrare richiesta all’istituto erogante;
  • attendere risposta;
  • nel caso questa non soddisfi le richieste o la somma offerta fosse inferiore a quanto calcolato è possibile all’Arbitro Bancario Finanziario e fare ricorso compilando l’apposito modulo seguendo le istruzioni;
  • attendere la decisione dell’Arbitro che, a meno che non ci siano casi eccezionali, intima alla banca o alla finanziaria di versare il dovuto.

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