Cessione del rifiutata – Quali sono le cause?
I lavoratori dipendenti ed i pensionati hanno un vantaggio nella richiesta dei prestiti personali grazie alla formula della cessione del quinto della pensione oppure dello stipendio. Si tratta di un prodotto che può essere richiesto anche quando si è stati protestati o si risulta cattivi pagatori, per cui si potrebbe pensare che se si è in possesso delle condizioni minime per poterne fare richiesta è scontato vedersi accettata la domanda. Invece può succedere che la richiesta di cessione del quinto sia rifiutata.
A seconda delle cause si può avere la possibilità di superare l’ostacolo, quindi trasformare una domanda da respinta in accettata, oppure si è davanti a una condizione immodificabile, e quindi bisogna cercare altre alternative per ottenere la cifra di cui si ha necessità.
Cessione del quinto negata: i motivi
Purtroppo quando una cessione del quinto è rifiutata le cause sono “esogene” poiché la finanziaria o banca, anche se il richiedente ha una cattiva reputazione creditizia (vedi anche Segnalazione Crif), valutano la rischiosità dell’operazione basandosi principalmente sulla solidità del datore di lavoro.
Non solo in base all’obbligo di stipula di polizze cpi è la stessa assicurazione che può decidere di non assicurare quel “datore di lavoro” o quella domanda specifica perché i rischi sono eccessivi, sempre in relazione al tipo di condizioni lavorative che nel complesso possono essere valutate.
I motivi per cui la domanda di cessione del quinto può essere rifiutata variano a seconda che si tratti di cessione dello stipendio oppure della pensione, dal momento che per quest’ultima il referente è l’Inps e non sussistono gli altri tipi di valutazione (solidità, numero di dipendenti, ecc). L’esclusione può essere determinata solo da tre fattori: età anagrafica, tipo di pensione (sono escluse quelle sociali, assegni Inail, ecc) e l’importo della quota cedibile (vedi anche Prestito con delega).
Per la cessione del quinto dello stipendio invece le cause del rifiuto possono essere:
- numero minimo di dipendenti dell’azienda troppo basso (dipende dalle scelte delle banche o finanziarie, che possono scostarsi dal numero medio di 16 membri);
- veste societaria (società di persone possono essere oggetto di esclusione, così come le cooperative);
- tipologia di settore di appartenenza (sono spesso non finanziabili le società o aziende edili, quelle che si occupano di manutenzione oppure pulizie);
- numero di dipendenti della stessa azienda che già ha ottenuto la cessione del quinto con la stessa finanziaria;
- datore di lavoro non considerato affidabile (in passato non è stato regolare nei pagamenti);
- tipologia di busta paga (soprattutto quando è presente la voce di cassa integrazione);
- altre trattenute già presenti in busta paga e quota cedibile insufficiente;
- anzianità non adeguata alla politica della società finanziatrice;
- Tfr accantonato insufficiente (può succedere anche se sono stati richiesti nel corso degli anni degli acconti dal lavoratore).
Quando è possibile superare le cause del rifiuto?
Per il caso di Tfr insufficiente, ci si può rivolgere a finanziarie che prevedono la formula della cessione del quinto No Tfr. In questi casi si dovrà pagare un contributo per il premio assicurativo più alto (quindi il finanziamento potrebbe costare complessivamente di più).
Nel caso di un numero di dipendenti troppo basso ci si deve rivolgere a finanziarie che accettano un livello minimo che ci rientra (il che vale anche in caso di attività generalmente poco gradite, come quelle edili, ecc). Se la ditta ha invece un numero di dipendenti che già ha una cessione del quinto è meglio rivolgersi ad una finanziaria diversa da quella che ha erogato fino a quel momento.
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