Prescrizione debiti – Quando non bisogna più pagare?

Debiti non pagati: quando vanno in prescrizione?

La prescrizione dei debiti prevede dei tempi diversi a seconda che siano previdenziali, come nel caso dell’Inps, erariali, oppure condominiali, commerciali, di credito o di valuta. Anche all’interno di queste categorie possono poi essere previsti dei tempi di prescrizione differenti, che possono generalmente essere di tipo:

  • ordinario, ovvero di 10 anni;
  • di prescrizione breve, quindi di 5 anni;
  • di prescrizione brevissima (3 anni).

Ci sono infine delle eccezioni che usufruiscono di durate inferiori. Vediamo tutto nel particolare.

Significato e conseguenze

La prescrizione è stata introdotta dal legislatore per impedire che un debitore sia sempre sottoposto a questa condizione, senza un limite di tempo. Si tratta in pratica di una “sanzione” che punisce il creditore per la sua inerzia. Se da una parte è vero che un debitore ha l’obbligo di pagare i propri debiti, soprattutto in caso di difficoltà o impossibilità a farlo, è altrettanto vero che il creditore deve attivarsi per ottenerne il pagamento. Se manca questa azione allora il debito potrà andare incontro alla prescrizione. La prescrizione è misurata con il tempo, decorso il quale non si avrà più diritto alla prestazione.

Questa ‘condizione legislativa’ coinvolge, come principio generale tutti i tipi di debiti, indicando anche quali sono i soggetti legittimati a compiere le azioni necessarie per ottenere la prestazione nei tempi giusti:

  • nel caso dei debiti condominiali l’amministratore in carica;
  • per quelli commerciali il fornitore o venditore;
  • per quelli di credito la banca o la finanziaria erogante;
  • per quelli previdenziali l’Inps o un agente abilitato alla riscossione che fino alla sua scomparsa è stato rappresentato soprattutto da Equitalia.

Approfondimenti: Cosa fare in caso di debiti con Equitalia.

La conseguenza, se scade il termine di prescrizione è semplicemente una: il creditore non potrà più avvalersi della legge per ottenere la prestazione alla quale ha diritto. Di contro il debitore dovrà rivolgersi ad un giudice per ottenere il riconoscimento della prescrizione, che potrà essere parziale (quindi riguardare solo alcune voci riportate in una cartella esattoriale) oppure totale. Una cartella prescritta parzialmente, se si fa ricorso ad un giudice, potrà anche diventare successivamente prescritta in modo totale.

Prescrizione interrotta: quando succede?

Il creditore ha comunque un valido strumento per interrompere la prescrizione, che è dato dalla comunicazione al debitore, che deve avvenire nei modi previsti dalla legge stessa. Si hanno in sostanza tre situazioni:

  • il termine di prescrizione parte dalla data in cui sorge il diritto alla prestazione per il creditore (data di firma di un finanziamento, data di pagamento di un’imposta dovuto, data di versamento dei contributi Inps, ecc). Per il tempo successivo il creditore non fa nessuna comunicazione valida al debitore. Trascorso il tempo prescrittivo non si sarà più tenuti alla prestazione;
  • successivamente alla data in cui nasce l’obbligo, e prima che scada la prescrizione, il creditore fa la comunicazione nei modi previsti. La prescrizione si interrompe e riparte da capo;
  • sempre successivamente alla data in cui sorge l’obbligo, e successivamente anche dalla data in cui scade la prescrizione il creditore agisce per ottenere il pagamento. In questo caso non si è tenuti alla prestazione, a meno che non si accettino le proposte del creditore. Ad esempio se si firma una nuova rateizzazione si dovrà effettuare il pagamento del debito anche nel caso in cui questo fosse ormai prescritto.

Si deve fare sempre molta attenzione alle date di prescrizione, e nel dubbio ci si deve rivolgere a professionisti, poiché il risparmio di qualche decina di euro espone all’esborso di somme ben più importanti. Può comunque essere di aiuto conoscere i tempi di prescrizione dei debiti, per sapere come muoversi, e soprattutto a chi rivolgersi (professionista ragioniere o commercialista, associazione dei consumatori, avvocato tributarista, ecc).

Come calcolare la prescrizione

Il calcolo è abbastanza agevole sulla carta. Il tempo parte dal giorno successivo a quello in cui è nato l’obbligo alla prestazione, e termina dopo che è trascorso il termine previsto. Questo nella maggioranza dei casi è di 10 anni (anche per i finanziamenti), oppure di 5 anni o tempi più brevi quando previsti. Nel calcolo si comprendono anche i giorni festivi, i sabati e le festività. Se si verifica un’interruzione bisogna far partire il calcolo dal giorno successivo a questo evento.

Tempi di durata delle prescrizioni

Riportiamo di seguito i tempi di prescrizione per i differenti debiti che possono essere riportati in una cartella esattoriale:

  • termine di prescrizione ordinaria di 10 anni per quelli che rientrano nei tributi erariali (Irpef, Ires, Imposta di registro, imposta catastale, Iva, per i quali la prescrizione decorre dopo 60 giorni dalla notifica; diritti alla Camera di commercio; Canone Rai;
  • termine di prescrizione breve di 5 anni: per le sanzioni (multa per violazione del codice della strada, protesto, ecc.); per i tributi locali (come Tasi, Tari, Imu, Tarsu, ecc); contributi previdenziali Inps e Inail; contributi alla gestione separata; bollette per utenze domestiche; spese condominiali; oneri derivanti da affitto; crediti commerciali;
  • termine di prescrizione di 3 anni: bollo auto (vedi anche Prescrizione bollo auto); diritto allo stipendio; diritto al Tfr; riscossione cambiali; riscossione assegni;
  • termine di prescrizione di 2 anni: risarcimento incidente stradale;
  • termine di prescrizione di 1 anno: diritto per il pagamento alla provvigione dei mediatori (vedi Lista mediatori creditizi); rette di convitto; diritto pagamento lezioni private;
  • termine di prescrizione di 6 mesi: diritto al pagamento del pernotto e servizi di ristorazione.

Modalità di comunicazione e di ricorso

L’unica forma accettata è quella scritta, per la quale ci deve essere la possibilità di identificazione della data in modo certo. Per questa ragione vanno usate le raccomandate con ricevuta di ritorno, fermo restando che per la notifica valgono anche gli avvisi di giacenza. A riguardo bisogna porre particolare attenzione agli atti amministrativi, per i quali la notifica si perfeziona comunque, senza che sia stato fatto il ritiro, entro 10 giorni da quello in cui è stato fatto il secondo avviso di giacenza (il primo è quello per mancata consegna, al quale dovrà succedere il secondo lasciato nella cassetta delle poste il giorno successivo utile a seconda che ci siano giorni festivi o il sabato).

Per fare ricorso serve sempre la raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure l’impiego della Pec laddove è supportata dal sistema.