Cessione del quinto a protestati – E’ sempre possibile?

Prestiti migliori per protestati – I vantaggi della cessione del quinto

La cessione del quinto è la soluzione più economica per ottenere un finanziamento quando si è segnalati come cattivi pagatori o protestati nella Centrale Rischi Finanziari (Crif) , ovvero la banca dati che raccoglie le informazioni relative ai finanziamenti erogati e richiesti.

Come si diventa cattivo pagatore o protestato

Chiunque si può trovare nell’impossibilità di pagare le rate di un prestito a causa di problemi di liquidità che possono risultare anche temporanei; ciò comporta non solo disagi nell’immediato, ma anche grosse restrizioni quando ci si ritrova a richiedere un nuovo finanziamento, in quanto lo status di cattivo pagatore o protestato impedisce in molti casi l’accesso al credito .

Le banche e le finanziarie, prima di decidere se erogare un prestito personale o meno ad un cliente che ne fa richiesta, consultano proprio queste banche dati ed è molto difficile la concessione di un finanziamento se il richiedente risulta iscritto.

Ad onor del vero c’è qualche istituto di credito che concede prestiti per cattivi pagatori e protestati, ma solitamente non sono considerati dei prodotti finanziari economici. In questi casi risultano infatti molto vincolanti le garanzie accessorie richieste con le quali il concedente si tutela: più è compromessa la credibilità finanziaria del cliente più rigide e poco convenienti sono le condizioni imposte.

La soluzione: la Cessione del Quinto

A protestati e cattivi pagatori non è esclusa la possibilità di richiedere questo tipo di finanziamento, tant’è che le banche e le finanziarie neanche interrogano i vari SIC, Sistemi di Informazioni Creditizie, quando devono concedere una Cessione.

Al contrario di quanto avviene nei prestiti personali infatti, quando si richiede una cessione del quinto viene valutata soprattutto la solidità dell’azienda o ente a cui il lavoratore o pensionato fa riferimento: proprio per questo i dipendenti pubblici, privati spa e pensionati Inps rappresentano per le banche o finanziarie i profili migliori.

Diventa quindi elementi essenziali la busta paga o in alternativa dal cedolino della pensione per i pensionati (vedi anche Come richiedere un prestito per autonomi).

La rata che deve essere corrisposta, che non può superare il 20% del totale netto percepito, viene direttamente trattenuta dalla busta paga del lavoratore.

Il requisito fondamentale per aver accesso alla cessione del quinto diviene quindi la busta paga: in particolare tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato o pensionati sono considerati nella maggior parte dei casi “finanziabili”. In alcuni casi è prevista la possibilità anche per i lavoratori a tempo determinato di ottenere una cessione del quinto: in tal caso però la durata del finanziamento dovrà essere necessariamente vincolata alla scadenza del contratto di lavoro.

Approfondisci

Titolo esecutivo – Cosa prevede la normativa italiana

Differenze tra il titolo esecutivo giudiziale e stragiudiziale

L’ottenimento di alcune prestazioni che non sono state effettuate nei tempi e nei modi pattuiti (come ad esempio nel caso di una cambiale), può avvenire senza eccessive lungaggini burocratiche nel caso in cui si sia in possesso di un titolo esecutivo. Non tutti i titoli hanno però carattere “esecutivo”, ma devono essere compresi tra i casi che sono specificatamente previsti dal codice di procedura civile che ne indica anche i tempi di prescrizione (vedi anche Prescrizione bollo auto).

Peculiarità dei titoli esecutivi

Quando si è titolari di un titolo esecutivo si ha in mano un documento che offre la prova del diritto che si ha alla prestazione. Rappresenta inoltre la condizione sufficiente, necessaria e obbligatoria per poter avviare la procedura esecutiva.

Dall’inizio della procedura chi usa il titolo esecutivo per ottenere soddisfazione del proprio credito e per tutta la durata, deve mantenere la “titolarità del documento”:se il titolo viene trasferito ad altro soggetto, sarà di fatto quest’ultimo ad aver diritto all’esecuzione (vedi anche Ravvedimento operoso).

Per evitare confusione, il cpc richiede anche che tali titoli siano certi e liquidabili riferendosi a dei valori determinati o determinabili senza errori. Non devono inoltre essere sottoposti a termini o limitazioni per cui, se c’erano dei vincoli, bisogna attendere che siano scaduti perché possano diventare esigibili (ad esempio una data fino alla quale il debitore può effettuare la prestazione).

Titoli giudiziali o stragiudiziali?

Un titolo esecutivo può essere di tipo giudiziale o stragiudiziale. I più noti sono quelli stragiudiziali, ai quali appartengono le cambiali e gli assegni. Entrambi sono di uso comune sia tra commercianti (nel settore business e con i fornitori), che tra i privati. Rientrano nella categoria degli stragiudiziali anche le decisioni degli organi Ue e il “titolo esecutivo europeo”.

Possono avere carattere esecutivo anche le scritture private autenticate. Invece I titoli esecutivi giudiziali sono conseguenze di atti, delibere, sentenze e decisioni dei tribunali (quello forse più noto è lo sfratto esecutivo).

Conseguenze

Chi è titolare di un titolo, pur avendo in mano una forma di tutela forte, deve comunque avviare la procedura definita dal codice di procedura civile spedizione in forma esecutiva.
Questa parte quando il notaio, cancelliere oppone una particolare formula sul titolo (sia in originale che su di una copia).

Per i titoli stragiudiziali è la natura stessa ad essere esecutiva, quindi l’avvio della procedura avviene semplicemente con la loro presentazione.

Approfondisci

Visura protesti online o presso la Camera di Commercio

Visura protesti – Le alternative alla richiesta online

Il protesto è quell’atto pubblico redatto e certificato da un notaio o da un ufficiale giudiziario o, in mancanza di questi ultimi, da un segretario comunale che constata ed attesta il mancato pagamento di un assegno (vedi anche Assegno scoperto) o la mancata accettazione di una cambiale.

Tale atto viene trascritto nel Registro Informatico dei Protestati istituito presso la Camera di Commercio (quella che opera nella zona in cui risiede il soggetto interessato dal provvedimento, quindi Roma su Roma, Milano su Milano, ecc), la quale, a sua volta, invia apposita segnalazione ai vari Sistemi Informatici Creditizi, con la spiacevole conseguenza che l’utente protestato rimarrà negli archivi delle varie banche dati e non potrà ricevere finanziamenti o prestiti, in quanto gli Istituti di Credito eroganti consultano tassativamente sia il Registro dei Protestati che i vari CRIF prima di concedere un finanziamento e/o aprire una qualunque linea di credito.

Da ciò si evince quanto sia importante poter verificare le reputazione creditizia di una persona fisica o società, sia la propria, nel caso in cui si vogliano richiedere prestiti, sia quella di eventuali interlocutori d’affari con cui si viene in contatto. A tale scopo è possibile richiedere una visura ovvero il documento che viene rilasciato dalla Camera di Commercio all’interno del quale sono riportate tutte le informazioni relative ai pagamenti mancati.

Visure protesti: come si richiedono

Le visure protesti contengono informazioni fondamentali per verificare se ad un determinato soggetto, persona fisica o società, è stato levato qualche protesto, quali il tipo di effetto che non è stato pagato, le date di emissione dello stesso e di iscrizione al Registro, la Camera di Commercio competente, l’importo, il luogo di apertura della procedura ed il motivo del mancato pagamento.

La visura può essere richiesta o direttamente online attraverso il servizio Telemaco, gestito dalla Camera di Commercio, che prevede l’iscrizione gratuita oppure tramite i vari servizi a pagamento di richiesta certificati che sono presenti sul Web.

Nel giro di un’ora, se si ha urgenza anche di soli 10 minuti con un piccolo sovrapprezzo, è possibile ricevere le informazioni di cui si è fatta richiesta (attenzione però, in questo modo si hanno solo le informazioni sulla visura protesti e non per i pregiudizievoli, il cui controllo va fatto alla Conservatoria e cancellerie dei tribunali).

In alternativa è possibile recarsi di persona presso l’Ufficio Protesti della Camera di Commercio e richiedere direttamente la certificazione.

Protesti: cancellazione

Secondo la normativa vigente l’iscrizione al Registro Telematico dei Protestati decade naturalmente dopo 5 anni. Si può, tuttavia, richiedere la cancellazione anticipata in questi casi:

  • per avvenuto pagamento: dopo 12 mesi dalla levata del protesto, il debitore che abbia saldato il dovuto può richiedere la cancellazione presentando apposita domanda corredata da tutti gli allegati necessari che testimoniano l’avvenuto pagamento;
  • per illegittimità o erroneità del protesto: analogamente e senza dover aspettare 12 mesi il soggetto può presentare domanda corredata da documentazione attestante l’illiceità della procedura;
  • per riabilitazione: se il debitore paga il dovuto oltre 12 mesi dalla data della levata del protesto può richiedere la riabilitazione e la conseguente cancellazione dal Registro, procedura di competenza del Tribunale del luogo di residenza dell’interessato.

Approfondisci

Ravvedimento operoso 2023: sanzioni più basse

Tasse non pagate: perchè conviene il ravvedimento operoso?

Il ravvedimento operoso è quello strumento fiscale che permette al contribuente che non ha versato imposte o tasse nei tempi prestabiliti o ha commesso degli errori di calcolo di agire spontaneamente, a fronte di pagamento del dovuto, di una sanzione ridotta e degli interessi legali maturati fino a quel momento, e regolarizzare la sua posizione. Il calcolo può essere fatto con degli appositi tool per alcune imposte, come l’Iva e l’Imu.

Questa è la definizione generale in vigore dal 1997, anno in cui il ravvedimento operoso è stato normato con il D.Lgs 472/97 e, nei suoi principi fondanti, è sicuramente ancora valida.
La Legge di Stabilità del 2016, però, ha introdotto variazioni importanti a favore del contribuente, modulazione diversa della percentuale delle sanzioni e più tempo per poter presentare la pratica, grazie alle quali il Ravvedimento Operoso 2016 è diventato uno strumento molto più snello e, soprattutto, utile per i cittadini (vedi anche Piccoli prestiti online).

Vediamone insieme le caratteristiche principali.

Tipologie di ravvedimento operoso

Esistono varie forme di ravvedimento operoso, a seconda del tempo che intercorre tra momento in cui si commette la violazione e momento in cui la si sana, ed ognuna prevede sanzioni diverse:

  • Sprint che può essere effettuato in caso di ritardo inferiore a 14 giorni con una sanzione prevista di 0,1% (applicata su base giornaliera) di quella che verrebbe applicata in caso di verifica;
  • Breve, da effettuarsi tra il 15° ed il 30° giorno, con una sanzione dell’1,50% rispetto a quella intera;
  • Intermedio se la regolarizzazione avviene tra il 31° ed il 90° giorno, che prevede una sanzione dell’1,67%;
  • Lungo, da effettuarsi tra il 91° giorno ed 1 anno, o il termine della presentazione della dichiarazione, per il quale è stata mantenuta la sanzione ridotta del 3,75%;
  • Lunghissimo, che prevede una sanzione secca del 5% se si paga dopo il secondo anno ed una sanzione ridotta al 4,2% se si regolarizza entro la seconda dichiarazione successiva.

Ravvedimento operoso 2016: cosa cambia

Le differenze più significative rispetto al passato che sono state introdotte con la Legge di Stabilità 2016 sono fondamentalmente due, ma molto importanti:

  • Intermedio, prima non presente, permette di sanare la posizione entro tre mesi con una sanzione ridotta, 1,67%, rispetto a prima, 3,75%, che si può rivelare particolarmente utile soprattutto se si considera come termine ultimo per la presentazione della dichiarazione annuale il 30 settembre e, quindi, come termine ultimo per regolarizzare la propria posizione il 31 dicembre, ovvero la fine dell’anno solare;
  • il ravvedimento operoso lunghissimo consente di sanare il dovuto anche dopo 1 anno, termine prima considerato inderogabile, ed in teoria non pone limiti di tempo, se non quelli dell’eventuale notifica da parte dell’Amministrazione della violazione commessa. Da sottolineare che questo tipo di ravvedimento può essere utilizzato solo per regolarizzare quei contributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate e non è applicabile ai tributi comunali.

Altri articoli: Saldo e stralcio.

Approfondisci

Assegno scoperto: reato, sanzioni, pagamento tardivo e protesto

Come tutelarsi in caso di assegno bancario o postale scoperto

Seppur sempre meno utilizzato, grazie all’avvento della tecnologia che permette di trasferire facilmente soldi via Web, l’assegno resta uno degli strumenti di pagamento più conosciuti, anche se comporta qualche rischio.
Infatti, nel caso in cui sul conto corrente, bancario o postale che sia, di colui che lo emette non siano presenti fondi in misura sufficiente per coprire la cifra garantita, si parla di assegno scoperto o, più tecnicamente, senza provvista, ovvero di vero e proprio illecito amministrativo.

Ciò non toglie che spesso venga utilizzato per portare avanti una truffa, ad esempio come pagamento dell’acquisto di un’auto da privato ed in questo caso ci possono anche conseguenze penali.

Vediamo insieme un approfondimento dell’argomento e quali sono le operazioni da compiere per evitare le conseguenze più disastrose (vedi anche Recupero crediti).

Il pagamento tardivo

Il traente, colui che ha emesso l’assegno scoperto, ha la possibilità di evitare le pesanti sanzioni e le altre conseguenze ancora più spiacevoli, come il protesto e l’iscrizione al CAI, effettuando il pagamento tardivo entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine della presentazione dell’assegno da parte del beneficiario. Ricordiamo che il termine di presentazione è di 8 o 15 giorni, a seconda che il titolo di credito sia stato emesso su piazza o fuori. Il pagamento tardivo impone che il pagamento venga effettuato mettendo a disposizione direttamente al beneficiario, una cifra che comprenda, oltre a quella originaria, un 10% in più di penale accessoria, more ed eventuali spese legali.

A fronte del pagamento tardivo, il beneficiario è tenuto a rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che abbia funzione di liberatoria (ciò vale tanto per i conti correnti bancari per quelli postali collegati a un conto Bancoposta).

Sanzioni, protesto e iscrizione al CAI

Che succede se non si regola il pagamento entro i termini concessi? Ci sono pesanti conseguenze (vedi anche Iscrizione Crif), sia pecuniarie che sociali:

  • sono previste sanzioni amministrative, che possono rivelarsi anche ingenti a seconda dell’importo originario dell’assegno senza provvista emesso e della gravità dell’episodio: da 516,00 € a 3.099,00 per importi compresi entro la cifra di 10.329,00 €, da 1.032,00 € a 6.197,00 € per importi superiori;
  • il creditore può richiedere il protesto dell’assegno, ovvero l’attivazione della procedura pubblica che certifica l’illiceità del titolo di credito emesso ed ha funzione probatoria, azione che viene registrata nel Registro Informatico dei Protestati presso la Camera di Commercio, la quale, a sua volta, ne trasmette notizia ai vari SIC (Sistemi Informativi Creditizi) a cui si rivolgono le banche e le agenzie di credito prima di erogare un prestito per conoscere la “reputazione creditizia” del cliente;
  • il traente viene segnalato al CAI (Centrale di Allarme Interbancaria) della Banca d’Italia, l’archivio informatizzato degli assegni e della carte di credito irregolari, iscrizione che fa decadere per minimo 6 mesi l’autorizzazione di poter emettere assegni anche se coperti.

Approfondisci

Guida alla cancellazione Crif gratuita e senza intermediari

Tempi e modi per la cancellazione Crif

È opportuno partire da una premessa chiarificatrice, ovvero che chiunque abbia in corso un finanziamento o, più semplicemente, ne faccia richiesta viene inserito nei SIC, acronimo di Sistemi di Informazioni Creditizie, che altro non sono che dei database informatici che raccolgono la “storia finanziaria” dei soggetti che vengono censiti, al fine di valutarne la reputazione creditizia.
Si sottolinea che all’interno dei SIC non sono presenti solo coloro che sono considerati “cattivi pagatori” perché magari hanno avuto qualche problema, piccolo o grande di insolvenza, ma anche chi è, ed è sempre stato, perfettamente in regola con i pagamenti.

I SIC vengono gestiti da alcune società, la più importante delle quali è CRIF Spa, che forniscono informazioni a banche, finanziarie ed assicurazioni sulla reputazione creditizia degli utenti che a loro si rivolgono, al fine di contribuire al contenimento del rischio a cui l’ente creditore si espone ogni volta che eroga un finanziamento.

Vero è, purtroppo, che se si viene censiti negli elenchi dei “cattivi pagatori”, ed è sufficiente il pagamento in ritardo di una sola rata anche solo di un mese perché ciò avvenga, diventa molto difficile poter accedere ad altre linee di credito in futuro, in quanto le banche e le finanziarie tendono a non dare fiducia a chi è segnalato in tali database.

Diventa importante, quindi, richiedere la cancellazione dall’elenco dei cattivi pagatori non appena maturano le condizioni per poterlo fare.Vediamo come.

Tempi di conservazione dei dati nel SIC di CRIF

I dati presenti nel sistema informativo di CRIF vengono conservati per periodi ben determinati, trascorsi i quali si può richiedere la cancellazione in modo assolutamente gratuito, anche se, per legge, quegli stessi dati dovrebbero venire automaticamente cancellati senza dover inoltrare specifica richiesta.
I tempi di conservazione cambiano in base al tipo di dato:

  • finanziamento in corso di istruttoria: 6 mesi dalla data di richiesta;
  • richieste di finanziamento rifiutate o rinunciate: 30 giorni dalla data di rinuncia o rifiuto;
  • ritardi di 1 o 2 rate: 12 mesi dall’avvenuta regolarizzazione;
  • ritardi di 3 o più rate: 24 mesi dall’avvenuta regolarizzazione;
  • finanziamenti non rimborsati: 36 mesi dalla data di estinzione prevista.

Quindi il tempo massimo di 36 mesi, non va confuso con la tempistica dopo 5 anni prevista invece nel caso dei protesti (vedi anche Pignoramento immobiliare).

Come richiedere la cancellazione

Dopo aver verificato di essere in possesso dei requisiti per chiedere la cancellazione dei dati, si può procedere nei seguenti modi:

  • compilare l’apposito modulo presente su sito ufficiale CRIF e chiedere la rettifica e/o cancellazione dei dati negativi, allegando tutta la documentazione che comprova l’estinzione del debito in data utile per poter essere cancellati;
  • in alternativa è possibile mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno indirizzata a CRIF Spa URP – Via Montebello 2/2 – 40121 BOLOGNA corredata di tutti gli allegati necessari con cui si richiede la cancellazione.

Come segnalato sullo stesso sito la richiesta non ha alcun costo e può essere molto facilmente inoltrata dall’utente stesso, ragion per cui non sono necessarie consulenze a pagamento con intermediari professionisti, o sedicenti tali, che garantiscono la cancellazione.

Approfondisci

Pignoramento immobiliare: è possibile evitarlo?

Pignoramento immobiliare in caso di usufrutto o diritto di abitazione

Il pignoramento immobiliare si verifica quando un debitore non è riuscito ad onorare un debito e paga attraverso la cessione dell’immobile sottoposto a provvedimento esecutivo. I creditori, perciò, potranno anche vendere all’asta i beni immobiliari di chi ha contratto il debito. È una procedura dolorosa per chi la subisce, ma può essere evitata, anche se in maniera piuttosto complessa. Scopriamo allora come evitare il pignoramento della casa (vedi anche Tassi di usura).

Rivendere la casa alle agenzie immobiliari o tenersi l’immobile

Il debitore in possesso ad esempio di una casa con valore superiore rispetto all’ammontare dei debiti, può cercare di vendere la propria abitazione prima però che il creditore ponga in essere richieste di atti conservativi sul bene.

Quindi il soggetto consapevole dell’impossibilità di onorare i propri debiti, potrebbe affidarsi ad una agenzia immobiliare oppure in trattativa privata per rivendere la casa (magari proponendo la transazione proprio al creditore).

L’immobile viene perso lo stesso, ma in questo modo si evitano gli ulteriori costi che si verificano durante gli espropri e le aste (ad esempio onorari del notaio, degli avvocati, spese per i periti, spese di procedura, e così via).

E’ importante segnalare che nel 2014 sono state introdotte nell’ordinamento italiano interessanti novità in tema di tutela degli interessi del soggetto debitore.
In relazione ad una eccessiva svalutazione del bene infatti, a causa ad esempio ad aste invendute ed ai costi connessi, la vendita forzata può essere interrotta: in tal caso comunque il creditore continua a vantare il proprio credito, mentre il debitore resta in possesso dell’immobile.

Prima dell’introduzione di queste disposizione infatti il debitore poteva trovarsi nella gravosa situazione di essere privato dell’immobile e con parte del debito ancora da restituire (vedi anche Ho bisogno di soldi urgentemente).

Per quanto riguarda il pignoramento immobiliare sulla prima casa c’è invece un po di confusione, a seguito di un provvedimento (e non una vera e propria riforma) introdotto nel 2013 dal governo Letta che ha inibito il pignoramento dell’abitazione principale ad opera di Equitalia. Ciò non significa però che la prima casa non possa essere pignorata (lo può fare qualsiasi altro creditore in quanto il limite vale solo per Equitalia nei cui confronti non si può comunque fare opposizione per l’iscrizione di ipoteca sull’immobile stesso).

Usufrutto o diritto di abitazione?

Un dubbio che riguarda molte persone che si trovano in una situazione di pignoramento dell’immobile consiste nel ricorrere ad usufrutto o a diritto di abitazione. Nel primo caso si cede (o si vende) la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto, mentre nel secondo caso si riserva per sé il diritto di abitazione. È bene sapere, però, che il diritto di usufrutto è pignorabile, nonostante la nuda proprietà sia stata ceduta ad altri. Diverso è il caso del diritto di abitazione.

Quest’ultimo, per legge, non è pignorabile e non è sottoposto ad ipoteca, ma c’è da dire che se l’ipoteca è avvenuta prima della sottoscrizione del diritto di abitazione, il creditore può richiedere la vendita forzata dell’immobile. Il diritto di abitazione, infine, può essere conseguito per questi motivi: dal coniuge vedovo per motivo di morte dell’altro coniuge; con assegnazione della casa coniugale in caso di separazione o divorzio; con contratto soggetto a trascrizione, ma solo per uso abitativo.

Approfondisci

Guida al pignoramento presso terzi

Requisiti, modalità e funzionamento del pignoramento presso terzi

Quando un soggetto A vanta un credito verso un altro soggetto B si dice che il primo è creditore ed il secondo è debitore. Il creditore può cercare di recuperare la somma o gli oggetti prestati attraverso diversi metodi, tra cui quello di rivolgersi ad una società di recupero crediti.
Quando però il debitore non vuol saperne di pagare e restituire il dovuto, dopo diverse fasi, la legge italiana prevede che scatti il pignoramento, cioè la sottrazione forzata di alcuni beni del debitore per l’ammontare dell’importo dovuto. Il pignoramento può essere verso beni nella disponibilità del debitore o nella disponibilità verso terzi (come ad esempio presso una banca). Vediamo nei dettagli come funziona quest’ultima procedura.

Requisiti della procedura

Prima di capire quali sono i requisiti per partecipare ad un pignoramento presso terzi occorre precisare che esistono due distinte situazioni che si possono verificare: nella prima i beni del debitore sono in possesso di un terzo e nella seconda il debitore vanta a sua volta dei crediti verso un terzo.

Il requisito più importante che deve contenere un atto di pignoramento è “l’ingiunzione a non compiere atti dispositivi sui beni e sui crediti assoggettati al pignoramento” (art. 492 codice procedura civile). Nel documento dovranno poi essere contenuti l’elenco delle cose dovute, con somma in denaro corrispondente (valore), residenza o domicilio ed indirizzo pec del creditore. Tale atto viene inviato al debitore ed al terzo. Al debitore si porge l’invito a comparire davanti al giudice, il terzo invece viene invitato ad emettere una dichiarazione, entro dieci giorni dalla ricezione del documento di pignoramento, al creditore, che può utilizzare società di riscossione come Equitalia quando si tratta di tasse, contributi, ecc (vedi anche Prescrizione bollo auto).

Termini di iscrizione al ruolo del pignoramento

Qui bisogna dire che innanzitutto sarà l’ufficiale giudiziario a consegnare il documento di citazione al creditore, subito dopo l’ultima notifica, documento che il creditore dovrà utilizzare per produrre la nota di iscrizione a ruolo di pignoramento.

Per farlo dovrà recarsi alla cancelleria del tribunale competente, che provvederà a rilasciare l’atto di titolo esecutivo. Per far sì che questi atti siano validi, però, il creditore ha tempo trenta giorni dalla consegna da parte dell’ufficiale giudiziario, altrimenti il pignoramento non risulterà più valido. Da chiarire, infine, che non tutti i beni possono essere pignorabili.

I sussidi di sostentamento a poveri o erogati in caso di malattie e morte, o anche gli aiuti per la maternità ed i crediti alimentari, ad esempio, rientrano in questo gruppo, così come le donazioni ad enti di beneficenza o ad assicurazioni. La parte di stipendio che non rientri in queste tipologie può essere pignorata, ma ci sono dei limiti sulla quota prelevabile (vedi anche Protesto cambiale).

Approfondisci

Recupero Crediti: come funziona in Italia?

Le varie fasi del recupero crediti dalla stragiudiziale alla giudiziale

Il recupero dei crediti è l’insieme di attività che le aziende, o le banche , o le finanziarie hanno la possibilità di mettere in atto verso un debitore, per cercare di “recuperare”, appunto, la somma che è loro dovuta, quando il debitore è riluttante a saldare il debito.

Una forma particolare è rappresentata dal recupero crediti da lavoro (stipendi o altre somme non pagate dai datori di lavoro) ma in questi casi si seguono delle regole diverse.

Dal momento che, però, molto spesso tali società creditrici non hanno tempo per portare avanti questo tipo di attività dopo la fase del sollecito di pagamento, si affidano ad aziende specializzate in recupero crediti, le quali vengono retribuite per ogni pratica andata a buon fine o a provvigione sui risultati. Vediamo allora come funziona il recupero crediti in Italia (con metodologie identiche tanto in una grande città come Roma, che in centri molto più piccoli, e sia che il creditore sia una grande banca come Unicredit che una piccola finanziaria che opera territorialmente).

La fase del recupero stragiudiziale

Il recupero crediti può essere costituito da due fasi: stragiudiziale o giudiziale. La fase stragiudiziale evita le vie legali (con conseguenti ulteriori costi) ed è preferita dalle aziende che si occupano di recupero crediti quando possono contare sulla collaborazione del debitore. Di solito questa fase si articola in precisi passaggi.

Prima di tutto si invia al debitore un messaggio via posta tradizionale e via e-mail dove gli si spiega quanto deve pagare, quali sono gli interessi e lo si avverte che il recupero del credito è stato affidato ad un’apposita azienda. In secondo luogo si passa al sollecito telefonico, in cui l’operatore cercherà di persuadere il debitore a pagare il suo debito.

Se anche questo tentativo non dovesse funzionare, allora vi saranno degli agenti prenderanno visione diretta, mediante “contatto fisico”, della reale situazione di solvibilità del debitore e proveranno a mettere giù un vero e piano di rientro personalizzato per il recupero del credito. Come ultimo tentativo, in questa fase, si procede alla “messa in mora”, dopo la quale si entrerà nella fase giudiziale.

La fase giudiziale

Alla fase giudiziale si arriva in genere solo quando è stato tentato il possibile in fase stragiudiziale per convincere il debitore a pagare quanto deve. Tuttavia, quando si arriva in Tribunale, lo scopo principale è quello di pignorare i beni posseduti dal debitore attraverso atto giudiziario, ma solo dopo una sorta di accertamento per capire se il debitore è effettivamente in possesso di altri beni ed in grado di pagare (vedi anche Ho bisogno di soldi).

Se infatti il debitore è in possesso di pochissimi (e di scarso valore) beni pignorabili, non conviene all’azienda creditrice andare in fase giudiziale, in quanto potrebbe farsi carico delle spese legali. Le altre strade sono percorribili quando il creditore è già in possesso di un titolo esecutivo per riscattare il dovuto, ad esempio con cambiali o anche assegni che siano stati protestati (vedi anche Decreto ingiuntivo).

Approfondisci

Credit Crunch: come influisce sull’economia oggi

Stretta creditizia: cos’è il credit crunch

Da anni, almeno dall’arrivo in Europa dell’ultima crisi economica, nel 2008, non si sente che parlare di Credit Crunch, espressione inglese che ha un corrispettivo anche in italiano con Stretta Creditizia. Ma cos’è nello specifico il credit crunch e come influisce sull’economia di oggi, nel 2016? Cerchiamo di capirlo in questo articolo.

Cos’è?

Il Credit Crunch non è altro che una stretta del credito, cioè, basandosi sulla definizione dei più noti dizionari: una forte diminuzione dell’offerta di credito da parte di chi di solito presta denaro o prodotti finanziari (soprattutto le banche) nei confronti della clientela (in particolare, le imprese), quando ci si trova di fronte ad una potenziale domanda di finanziamenti che perciò non viene soddisfatta.

Questo significa che a causa del credit crunch le banche hanno iniziato a non concedere più prestiti alle aziende ed ai piccoli imprenditori, oppure hanno inasprito le condizioni per la concessione, elevando ad esempio tassi (vedi anche Microcredito). Oggi, in verità, se ne sente parlare meno. Ciò comporta che le banche sono più propense a concedere crediti e che l’economia è in ripresa? Pare di sì, stando almeno ai dati dell’ Abi, Associazione Bancaria Italiana.

Influenze sull’economia italiana attuale

Secondo l’indagine conoscitiva pubblicata all’inizio di quest’anno dall’ Abi sulla crisi finanziaria, gli impieghi delle banche nel 2015 ammontavano a 1.830 miliardi di euro, contro una raccolta di risparmio pari a 1.697,4 miliardi di euro. Questo significa che il credit crunch sembra aver allentato la morsa ma dimostra anche quanto le aziende abbiano imparato dalle banche, rendendosi conto che per chiedere un credito occorre essere trasparenti e presentarsi al meglio.

Presentarsi al meglio può essere interpretato anche come buon rating, con una conseguente ottima valutazione del credito da parte degli istituti bancari. Occorre però tenere poi conto dell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria stilato dalla Banca d’Italia. In questo documento si sottolinea come sì, in questi ultimi mesi il credito verso le imprese ha ripreso a crescere, ma solo per determinate categorie, dal momento che le banche risultano più propense ad erogare aiuti ad imprese grandi e consolidate, mentre restano in affanno le Pmi, soprattutto le microimprese, che continuano a vedersi negati i finanziamenti (vedi anche Invitalia).

La Banca d’Italia segnala quindi come le categorie di imprese più diffuse in Italia (micro e piccole) incontrino ancora delle difficoltà, mentre leggeri miglioramenti si possono registrare per le imprese dalle dimensioni medie.

Approfondisci